Dragon training: computer-aided online community management

In my book Wikicrazia I claim that the public sector, society’s system to pursue the common good, can be made smarter by mobilizing the citizenry’s collective intelligence. Accessing collective intelligence entails enabling a large number of individuals to coordinate on some common goal. Normally, this is done by means of online commmunities, that use the Internet as their technological infrastructure and where interaction is mediated by some kind of social bargain, with somebody to resolve conflicts and keep the group focused on the goal.

There’s a problem here. On the one hand, online communities cannot be run by top-down command and control: it is exactly the free action of their different participants that make online communities so incredibly effective in processing large amounts of information. On the other hand, public policies have by definition a goal which is set exogenously with respect to the community itself: whereas Facebook users are on Facebook to hang out, and it does not really matter what they do with it, the users of Peer to Patent are there to process patent application; those of Kublai to write up creative business plans; those of Wikipedia (not a public policy, but similar in this respect) to write an encyclopedia. Community managers, myself included, are trapped in this dilemma: practically the only way we have to figure out the social dynamics in our communities is to spend an unreasonable amount of time participating in them, and we try to steer them by rhetoric and persuasion. We end up navigating pretty much by gut feelings. And as communities scale – even to just a few thousand participants – it gets really hard to understand what is really going on.

I thought our work would improve a lot if we could augment our ability to read social dynamics of online communities by using software. In essence, a policy community is a social network, and as such it can be represented by a graph with nodes and links, and studied mathematically. The community’s social dynamics should be encoded into the mathematical characteristics of the graph that represents it: for example, the creation of a cohesive group of senior users in Kublai in 2009 was picked up by the crystallization of a structure called k-core. If we managed to build some sort of dictionary that maps social dynamics onto mathematical characteristics of the graph, we could use network analysis to detect community dynamics that are invisible to the eye, because they happen at a scale too large for human participants: and this would work even for very large communities, at least in principle.

I intend to develop this software as my Ph.D. thesis. Colleagues at University of Alicante and the European Center of Living Technology will help. I call it Dragon Trainer, because doing policy through an online community is like training a dragon, an animal too large and dangerous to order around. If you are interested in learning how we plan to do this, you can watch the video above (12 mins).

3 thoughts on “Dragon training: computer-aided online community management

  1. Alex

    Sei partito dall’esigenza del community manager di comprendere più velocemente le dinamiche sociali di una comunità. Un altro punto di vista è comprendere le dinamiche sociali per valutare il capitale sociale di una comunità. E’ una metodica che viene usata nelle aziende per scoprire le relazioni informali che esistono al di la dei ruoli e delle funzioni formali assegnati ad ognuno. Ci sono metodologie valide a livello aziendale (es: http://tinyurl.com/6yaup5p oppure: http://tinyurl.com/6yb6t2f). Il sistema delle relazioni informali è un indice della capacità di quella organizzazione di agire in modo efficiente, e quindi ha un valore in funzione degli obiettivi dell’impresa.
    Due modi diversi di vedere lo stesso aspetto.

    Comunque, sia la tua ricerca per Kublai, sia i metodi per le aziende si rivolgono a comunità “chiuse”, perlomeno con confini definiti dalla piattaforma (kublai) o dalla organizzazione (ne sei parte o meno). Sbaglio o FB (e altri) fanno lo stesso per incrementare il loro business?

    Come si può ragionare quando l’ambito è invece il territorio, che è la dimensione su cui si misura l’azione di governo? Sullo stesso territorio si usano tante piattaforme (non è pensabile farne una “governativa”), le persone fanno parte di tante organizzazioni diverse…. La misura delle relazioni è impossibile… o no? Sul mio blog ho fatto un (lungo) post su questo aspetto, (http://tinyurl.com/6egus62 18′ di video + lettura di circa 4 cartelle A4). Fatico a trovare una sintesi che mi convinca e definisca azioni concrete….

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  2. Alberto Post author

    Una comunità online non è davvero chiusa, perché chiunque può unirvisi. Questo fa molta differenza, perchè non tronca le distribuzioni delle varie metrica. Direi questo: la teoria sottostante (progettazione di dinamiche emergenti) è la stessa sia per le comunità offline che per quelle online, ma nelle seconde è molto più facile verificarla ed elaborarla perchè il grafo di rete in quel caso viene ricostruito direttamente dal database. In quelle offline devi pagare gente che osserva il comportamento delle persone e ricostruisce il grafo delle relazioni: è lento, poco affidabile, costoso e insostenibile per comunità medie e grandi.

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  3. simone de bastisti

    ciao alberto…vorei infromarmi prima di darti rispsota certa, ma mi risulta esserci in corso un progetto “metastruture” che potrebbe aiutarti nello sviluppo software, poi ci sono software semantici (immagino li conosci) ed anche software che identificano e costruiscono le relazioni sociali.
    a tutto questo, è mia convizione, bisogna però aggiungere un elmento “cognitivo” umano. ovvero…il “lavoro” di community è giocato istintivamente anche dai partecipanti, ma se li rendiamo un poco più consapevoli di come funzionano i sistemi complessi, di come evolvono, e di come ci si relaziona, ecco li avremo “educati” un poco sulle “regole” o modalità di relazione..poi a loro ovviamente sviluppare i contenuti. sto dicendo, mia convinzione, che bisogna sia migliorare il software gestionale, che le competenze del community manager, ma è giusto dotare anche chi entra in una community di un minimo di nuove conoscenze, perchè li dentro giochi bene il ruolo che vorrà giocare….del resto, forse non si imapra una nuova lingua per un paese straniero? e non è forse un cambiamento profondo quello di cambaire forma e luogo del dialogo, riseptto a quelli abituali?
    qui le domande, spero tra poco..qualche proposta…

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