Il rapporto 2011 sui giovani del mondo della Fondation pour l’innovation politique contiene il grafico riprodotto qui sopra. I sondaggi di opinione vanno presi con molta cautela (le persone tendono a mentire nelle risposte), ma fa una certa impressione. C’è stato uno scambio completo di ruoli: dieci anni fa l’establishment era a favore della globalizzazione e i giovani protestavano. Oggi l’establishment sembra a disagio e i giovani sono a favore. Cosa succede?
Forse Joseph Stiglitz è stato profetico nel suo libro del 2001: la globalizzazione è stata gestita male, ma è un fenomeno generalmente benefico, perché fornisce opportunità prima impensabili. I giovani nel mondo – e soprattutto nel mondo in via di sviluppo – stanno semplicemente riconoscendo i suoi benefici.
Eppure ci potrebbe essere un’altra spiegazione, più inquietante: che i giovani (soprattutto quelli più istruiti) stiano decidendo di essere leali più verso i loro coetanei ovunque nel mondo che verso i loro paesi di origine, sempre meno in grado di dare loro una vita attiva e felice, e sempre meno interessati a farlo. L’economia e la società globalizzate sono il luogo dove questi giovani trovano le loro opportunità: da che parte staranno se se esse entrano in conflitto con i vecchi stati-nazione?
Caro Albert, presenti dei dati interessanti, sorprendenti, sulle differenze territoriali della percezione della globalizzazione.Lasciando stare i greci, che forse si capisce, perchè turchi e marocchini sono dall’altro capo della scala di cinesi, indiani e brasiliani? Ho letto superficialmenteil rapporto che citi, mi è sembrato di buon livello nonostante il tono leggero. Forse varrebbe la pena raccontarlo. Invece i tuoi commenti sono sorprendenti e fuori tono:nei dati che presenti non c’è nulla che autorizzi a dire che qualcosa è cambiato in cinque o dieci anni. Non è detto che ci sia contraddizione tra proteste di una parte e un assenso anche maggioritario. Le conclusioni giovani leali con i coetanei non discendono certo dai dati presentati e a mio avviso neanche dal rapporto citato. Nel quale, anzi, si mettono in luce differenze territoriali imponenti (e si tenta di trovare spiegazioni). Insomma, che senso ha pubblicare una cosa così? La domanda non è retorica, vorrei sapere proprio che senso ha…
Vedi, Paolo, questo è un blog. È un luogo di discussione, e la discussione è fatta di risposte, ma anche di domande e dubbi. Quello che ho esposto qui è appunto un dubbio; nasce da dati riportati nel rapporto (oltre al grafico qui c’è il grado di fiducia e gradimento dei governi nazionali, un bel po’ più basso di quello della fiducia nella globalizzazione), e anche da sollecitazioni che vado raccogliendo in giro per il mondo. Il quadro che vedo dal mio punto di osservazione è che la fascia più attiva, generosa e creativa della popolazione giovane non si aspetta molto dalle istituzioni, nè tantomeno dalla generazione precedente, ma fa da sola. Una componente di questo fare da soli è fare molto networking, a un livello impensabile per la nostra generazione. In questo quadro si capisce perché la globalizzazione viene percepita come un’opportunità: non è tanto un fatto macroeconomico (la domanda occidentale di prodotti cinesi traina l’occupazione in Cina), ma l’aprirsi di opportunità (posso andare a studiare ovunque! posso fondare un’azienda con una persona dall’altra parte del mondo! posso trovare persone con cui costruire un percorso che, nella mia comunità di origine, non trova spazio).
Io, se fossi giovane, non avrei dubbi: vorrei frontiere spalancate e il massimo accesso alle opportunità. Nessuno mi protegge dalle conseguenze negative dela globalizzazione, che almeno possa accedere a quelle positive. E se questo travolge il welfare del mio paese beh, peccato, ma non posso permettermi il lusso di preoccuparmene.
questo grave paradosso se cosi possiamo non avrebbe riamsto a bocca asciutta invece il grande biagi che persino 10 anni fa già presagì risultati simili in un articolo che scrisse e che VI linko qui sotto:
http://www.youcandid.com/video/42fa6a0177b2d011a3ad1442822b9411/
mmmmmm,molto interessante!prima dello stato la nazione,ovviamente,ma per i giovani quale nazione,quali le cose che accomunano la comunità nascente dei giovani(cesura generazionale forte,finalmente!) e che diventerà nazione e poi stato?il legame,l’idem sentire,il collante,il denominatore comune,chiamiamolo nei suoi mille modi,espressioni,significati,valori,insomma quella roba lì,dove nasce e come nasce e dove si annida?vale la pena di perderci del tempo……….