Su TechPresident, David Eaves argomenta in modo convincente che una politica di dati aperti ha un impatto positivo sulla governance, anche quando sembra che i cittadini non riutilizzino i dati. Il coinvolgimento del cittadino è importante, certo, ma secondo Eaves il numero di downloads dai portali open data è una misura impropria del successo di queste politiche.
Vorrei aggiungere un altro argomento al suo, un argomento particolarmente adatto a contesti in cui la credibilità delle istituzioni pubbliche è stata indebolita da scandali, pochezza dei risultati, o altre condizioni sfavorevoli. È questo: quando i cittadini sono sospettosi e sfiduciati, il semplice atto di aprire i dati, rendendoli semplici da trovare, esplorare e riutilizzare tende a svelenire il rapporto delicatissimo tra amministrati e amministratori. “Non abbiamo niente da nascondere! – dice il dataset aperto con la sua presenza – È tutto qui, controlla pure.” “Non può essere troppo brutta – riflette il cittadino disincantato – Se ci fosse qualcosa di losco, giornalisti e magistrati se ne accorgerebbero in un paio di click.”
In teoria dei giochi c’è un modello elementare che si chiama bruciarsi i ponti alle spalle. L’idea è che, qualche volta, è possibile conquistare un vantaggio strategico rinunciando ad avere una via di fuga. Siccome nascondere i fatti sotto il tappeto non è più possibile, anche un decisore cinico e opportunista diventa credibile nell’asserire che si sta comportando onestamente: l’alternativa all’onestà è la quasi certezza di scandalo, disapprovazione pubblica e guai con la legge. E c’è una conseguenza ancora più interessante: gli open data rendono meno difendibile l’approccio “sono tutti corrotti, stanno dando soldi pubblici ad amici e parenti”. Queste affermazioni sono difficili da falsificare se i cittadini non hanno accesso ai dati di spesa: ma se ce l’hanno, gli amministratori possono rispondere? “Ah, dici? Perché non ti fai un giro sul dataset? Se scopri qualche abuso faccelo sapere, così interveniamo.” Quando i dati di spesa sono aperti in forma sufficientemente granulare (come a Firenze, dove ogni singola fattura pagata dal Comune è disponibile sul sito), questo tipo di controllo diventa realistico. La trasparenza rinforza molto gli incentivi a mantenere un comportamento onesto, e sposta l’onere della prova dagli accusati agli accusatori. Enrambi questi fattori contribuiscono a ridurre la sfiducia e aumentare la coesione sociale.
Quindi, care pubbliche amministrazioni, la teoria dei giochi ha un consiglio per voi: aprite i dati, soprattutto i dati di spesa. Non c’è bisogno di fare grandi programmi, va benissimo spendere poco, ma fatelo. Oggi. Non perdete tempo a cercare di calcolare il ROI dei dati aperti: è un calcolo che potrebbe essere lungo e troppo costoso rispetto ad azioni così leggere. Fidatevi, potete permettervi gli open data. Se avete dubbi, chiedetevi quale sia il ROI della mancata rottura del contratto sociale.
A meno che, ovviamente, non possiate dire in tutta sincerità di godere di un livello alto di fiducia da parte dei cittadini. Potete dirlo?
Ottime osservazioni. Ma quanti amministratori pubblici hanno alba di cosa sia la teoria dei giochi, e sul perché dovrebbe essere uno degli elementi (ed uno dei più indicativi) per decidere cosa è il caso di fare e quando? Visto l’attuale livello della nostra classe dirigente, è più probabile che al massimo conoscano Farmville. O la gazzetta delo sport. E così rimarrà, perché chi li elegge è messo anche peggio. Pare che all’estero continuino ad accettare italiani. In questo l’Italia rimane utile. Diventando il contenitore dei rifiuti sociali e culturali del mondo civilizzato, ma questo è oramai assodato.
“Molti non sanno pensare, molti degli altri non vogliono pensare; la piccola frazione che pensa non ci riesce molto bene. La frazione minutissima che pensa regolarmente, esattamente, creativamente, e senza illusioni… a lungo andare è l’unica che conta: ed è questa la gente che emigra, appena è fisicamente possibile farlo.” R A Heinlein
Michele Gardini
Io non sarei così pessimista, Michele. I modelli elementari di teoria dei giochi sono davvero facili: li puoi spiegare in venti minuti a un bambino di dodici anni. Io faccio molta più fatica a capire il ROI, che in fondo prevede una teoria della preferenza intertemporale. 🙂
Forse li si può spiegare in venti minuti ad un bambino di dodici anni. Non ad un cinquantenne che ha mantenuto lo schema mentale che aveva a dieci anni. L’Italia attuale è questa: http://www.ilmessaggero.it/cultura/libri/tullio_de_mauro_italia_analfabeta_il_mulino_rivista/notizie/235193.shtml
E su basi di questo tipo, non puoi costruire molto.
E comunque, visto che da quello che ho potuto capire Lei ha solide basi di economia e conosce la teoria dei giochi, entrambe meglio di me (che provengo da altri campi), potrebbe aiutarmi a capire come mai in campo economico il liberismo rimane la scuola di maggior succeso, anche 60 anni dopo gli studi di Nash sul dilemma del prigioniero, e 30 da quelli di Axelrod sullo stesso schema iterato?
Michele Gardini
“It is difficult to get a man to understand something, when his salary depends upon his not understanding it.” Upton Sinclair, http://en.wikiquote.org/wiki/Upton_Sinclair
Conosco assai bene l’aforisma ed il contenitore, e temevo una risposta di questo genere. Mi piacerebbe poterle dire che Lei è un pessimista anche peggiore del sottoscritto, ma semplicemente conosciamo entrambi i nostri polli. Vabbé, proviamoci comunque, tanto, che altro di meglio c’è da fare? A presto, ed auguri per il blog.
Michele Gardini
Tra l’altro, incidentalmente, Heinlein fu seguace di Sinclair, tentando anche la carriera politica a suo sostegno, e rimase per tutta la vita un convinto sostenitore di EPIC e del social credit, anche se ideologicamente virando su un libertarismo radicale. Piccolo il mondo.
Michele Gardini