Si entra alla Metropolitan Community Clinic di Helliniko da un anonimo piazzale di parcheggio alla periferia di Atene, in un’area che ospitava una base militare americana, oggi abbandonata. Non sembra molto impressionante. Ma lo è. È un luogo molto importante.
La MCCH salva vite. Fornisce assistenza sanitaria a persone sfortunate che non hanno accesso alla sanità pubblica, né denaro per pagarsi quella privata. Ci sono molte persone in questa situazione, perché in Grecia l’accesso al servizio sanitario nazionale è legato all’occupazione. Quando un greco perde il lavoro, mantiene l’assistenza sanitaria per un anno: se dopo un anno non ha trovato un altro lavoro, perde il diritto di accesso al servizio sanitario nazionale. Se si ammala, deve inventarsi qualcosa, o morire.
Non sono solo i greci. In tutti i paesi europei, tranne il Regno Unito e l’Italia, la condizione di occupato è un pre-requisito per accedere all’assistenza sanitaria. Ma la Grecia è stata colpita più duramente dalla crisi del 2008: molte più persone che altrove si sono trasformate in disoccupati a lungo termine. “C’erano poveri anche dieci anni fa – ci dice Maria, una psicologa che fa volontariato a MCCH – ma a quel tempo le persone in difficoltà potevano chiedere aiuto alle famiglie, o ai vicini. Oggi anche le loro famiglie e i loro vicini sono in difficoltà, e non possono fare molto per aiutare gli altri. La gente è disperata.”
Nel 2011, alcuni medici hanno cominciato a confrontare le loro esperienze, e hanno visto una tempesta perfetta prepararsi all’orizzonte. “Sapevamo che qualcosa di molto brutto era in arrivo, e che della gente sarebbe morta – racconta Maria – Quindi abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa.
“Qualcosa in questo caso è risultato essere la MCCH stessa. Si tratta di uno strano animale nello zoo dell’assistenza sanitaria.
- Non esiste legalmente. Il suo materiale proclama fieramente: “MCCH è un’organizzazione volontaria senza status legale e non tassabile, e non è una ‘organizzazione not for profit’.” (Maria: “Tecnicamente siamo illegali”.)
- Non accetta donazioni in denaro. Accetta invece donazioni in natura: medicine, attrezzatura, analisi di campioni di sangue.
- Occupa una palazzina di proprietà del Comune di Helliniko-Argyropoulis. Nonostante nessuno dei suoi dipendenti lavori lì, il Comune paga le bollette dell’elettricità e del telefono generate da MCCH. Il mio cuore batte per l’anonimo “burocrate hacker” che ha consegnato un edificio pubblico a un gruppo informale di cittadini, che per definizione non può e non vuole firmare contratti o partecipare a bandi.
- È molto autonoma rispetto alle istituzioni e al potere. MCCH è stata proposta per un riconoscimento del Parlamento Europeo chiamato European Citizen’s Prize 2015, ma l’ha rifiutato in modo molto pubblico. Motivazione: “L’Europa è una delle cause del problema che esistiamo per risolvere. Non dateci premi, cambiate la vostra politica.”
- Tratta solo pazienti che non hanno accesso al servizio sanitario nazionale. Un’eccezione: famiglie numerose a basso reddito, che vivono con 450 euro al mese e semplicemente non hanno denaro per le medicine. (Maria: “Succede.”)
- Oltre a diagnosi/prognosi, MCCH fornisce medicine, cibo per neonati e pannolini gratis.
- Ha 300 volontari, di cui un po’ più della metà sono medici di varie specializzazioni e farmacisti.
- Funziona praticamente senza gerarchie e senza managers. Ciascun volontario decide da solo in quale ruolo impegnarsi. Lo fa unendosi a un gruppo: ciascun gruppo ha circa 10 membri e esiste per occuparsi di svolgere un compito specifico (per esempio c’è un gruppo di accoglienza nuovi pazienti). Un comitato organizzativo fa del suo meglio per tenere ciascun gruppo informato e allineato con gli altri. Una riunione settimanale vota su temi generali. Una mailing list si occupa di temi specifici.
- Quando non fanno volontariato con MCCH, i volontari si scambiano servizi e piccoli favori attraverso una banca del tempo: due massaggi contro un’ora di lezione di inglese etc.
Oggi ci sono 68 cliniche organizzate così in Grecia. Prendetevi un momento per assorbire le implicazioni di questo fatto: in quattro anni, migliaia di greci intraprendenti, senza denaro, senza una struttura di comando, senza neppure conoscersi, hanno creato un servizio sanitario parallelo che riesce dove il servizio sanitario pubblico e la sanità privata falliscono: mantiene in relativa sicurezza gli strati più poveri della popolazione. Da notare: lo stato greco ha speso in sanità oltre 6 miliardi di euro nel 2011.
Aspetta un attimo. Masse di persone auto-organizzate, senza soldi e senza organizzazioni, che battono professionisti attentamente selezionati e ben pagati sul loro terreno? Scena già vista. Era Wikipedia che strabatteva Encyclopedia Britannica. Era OpenStreetMap che, regalando i propri dati, vaporizzava il business di Garmin e TomTom. Erano gruppi su Facebook che coordinavano le iniziative di soccorso poche ore dopo il terremoto in Nepal e l’inondazione di Tbilisi di questa primavera. Erano i giovani inesperti e coordinati via Internet che cambiavano le regole del gioco politico, arrivando ad abbattere interi regimi in Egitto, Tunisia e Ucraina.
Abbiamo una parola per questi fenomeni: li chiamiamo disruption. Sono associati con la produzione di beni o servizi in un modo nuovo, che sostituisce le organizzazioni verticali con l’intelligenza collettiva e lo sforzo distribuito. Accade che questo modo nuovo è enormemente più efficiente di quelli vecchi.
Credo che sia arrivato il tempo della disruption nell’assistenza sanitaria, e nei servizi di cura in generale. Perché? Perché, come ha spiegato l’OCSE, la spesa sanitaria pro capite cresce molto più in fretta del reddito prodotto. Nel 1970, la sanità assorbiva un rispettabile 5.2% del PIL del paese sviluppato medio. Nel 2008 ne assorbiva il 10.1% (fonte). Il sistema è sotto stress, e spesso – come in Grecia – reagisce negando i servizi a chi ne ha più bisogno.
Questo è moralmente inaccettabile, dissipativo e stupido – specialmente quando la Metropolitan Community Clinic di Helliniko, e molte altre esperienze simili, hanno mostrato la capacità delle comunità di prendersi cura dei propri membri quando si permette loro di farlo.
Quindi, ci mettiamo in gioco. La mia nanoimpresa sociale, Edgeryders, si è associata con cinque organizzazioni di classe mondiale nella ricerca (Univeristà di Bordeaux, Stockholm School of Economics, ScimPulse Foundation) nelle politiche sociali (Comune di Milano) e nella fabbricazione digitale (WeMake) per trovare le esperienze come MCCH in tutto il mondo, imparare da loro, e se possibile perfezionarne il modello. Il nostro obiettivo è contribuire a un modello di servizi di cura community-driven, basati sulla scienza e la tecnologia moderna, ma con i bassi costi amministrativi e il tocco umano che le comunità hanno e le grandi burocrazie, sia pubbliche che private, no. Il nostro progetto si chiama OpenCare; la Commissione Europea ci ha creduto abbastanza da sostenerlo attraverso il programma Collective Awareness Platforms.
Chiunque tu sia, sei il o la benvenuta a unirti a noi. Dopo tutto, noi umani, tutti, abbiamo un’esperienza considerevole nel dare e nel ricevere cura, e questo fa di noi degli esperti. Se vuoi partecipare , o semplicemente saperne di più, parti da qui.
Foto: Theophilos Papadopoulos su flickr.com
Caro Alberto,
il caso che citi è interessante, ma ho qualche dubbio che il “caso” greco possa essere utilizzato come paradigma per promuovere la “disruption” dei sistemi sanitari per come li conosciamo adesso. per varie ragioni:
1) contesto che i sistemi sanitari costino troppo, in quanto tali, ed ineluttabilmente. Certo, se uno li lascia preda del mercato (hai notato che la curva USA è la più alta?) le cose vanno csì. si dà il caso che i sistemi possono essere efficienti e costare meno (molto meno) della media. Un esempio? L’Italia, e lo dice bloomberg, non un collettivo sociale (http://www.bloomberg.com/visual-data/best-and-worst//most-efficient-health-care-2014-countries). Se si vuole, si può organizzare il servizio sanitario in modo che costi ragionevolmente, che curi tutti, e che lo faccia bene. SI PUO’
2) il caso greco (per come lo descrivi) è contingente, e transeunte. I volontari (medici ed infermieri) sono stati formati ed hanno operato in un sistema che ha pagato (ampiamente) le spese della loro formazione, e poi gli ha pagato gli stipendi per lavorare. Tutto questo finirà (rapidamente). O perchè la grecia diventerà (ciò che già è) una specie di colonia, dove le maestranze attrezzate saranno sempre meno, sempre meno pagate, e quindi non ci sarà più la materia prima per realizzare questo “modello” “spontaneo”. O perchè la Grecia uscirà dalla trappola in cui adesso è chiusa, e tornerà ad organizzarsi come un paese normale (e non avrà più bisogno di questa souzione).
3) insomma, al di là delle evidenti analogie strutturali con il fenomeno wiki, la applicazione al caso della sanità mi pare non avere possibilità. E’ una soluzione di emergenza, ma non può andare oltre l’emergenza.
Ciao Benedetto, hai ragione sul fatto che l’Italia ha un ottimo sistema sanitario, se paragonato ai sistemi sanitari esistenti. E anche sul fatto che il sistema americano è invece considerato uno dei peggiori. Ma questo non implica che il paradigma Beveridge-Bismarck sia il migliore dei mondi possibili. In particolare, il sistema della MCCH è superefficiente perché non ha overhead: tutte le attività amministrative tranne il mantenimento della cartella clinica vengono semplicemente saltate. Bella differenza rispetto alle burocrazie (di qualunque tipo) che sembrano avere una tendenza ad aggiungere strati amministrativi costosi (l’aveva previsto già Weber, e adesso sta succedendo alle università sia pubbliche che private.
Inoltre MCCH vive in un sistema “misto” che gli impone attività amministrative. Esempio: cura solo persone che non hanno accesso al sistema pubblico. Quindi deve controllare che i pazienti che arrivano siano in questa situazione. Ma immagina un sistema che prepara medici e infermieri, li paga, e li lascia auto-organizzarsi, e chiunque entri in clinica ha diritto all’assistenza: ulteriori costi amministrativi vengono risparmiati.
In generale, tieni conto che noi umani abbiamo un bias che ci porta a sottovalutare le capacità di auto-organizzazione dei sistemi e a sopravvalutare la nostra capacità di organizzarli. Una pianificazione ordinata sembra sempre più attraente alla mente umana che l’auto-organizzazione, percepita come caos. I pianificatori sovietici erano convinti che il loro piano, scientifico e razionale, avrebbe consentito di provvedere ai bisogni della popolazione molto meglio di un caotico, irrazionale idiosincratico, mercato. Ma avevano torto. E ce l’aveva Britannica quando ha visto nascere Wikipedia, etc. etc.
Insomma, io la vedo al contrario: un sistema che funziona nell’emergenza funzionerà ancora meglio fuori dall’emergenza, senza gli svantaggi che la situazione emergenziale comporta.