Category Archives: industrie creative e sviluppo

The economics of the makers revolution: a primer

I started out as an industrial organization kind of economist, so it feels refreshing to delve into the major organizational tectonic shift implied by the Makers revolution. The video above (9 minutes, in Italian) is my talk at the World Wide Rome conference. The main concept is that of permissive technology; legally and technically hackable technologies are what enable mass innovation, in turn fueling the makers revolution around manufacturing. Contributions in English around this topic:

  • The economics of Cory Doctorow’s Makers. This is an economic analysis of the eponymous Doctorow novel, which makes way more sense than you would expect from a work of fiction (but then again, let’s keep in mind that Doctorow is co-founder of Boing Boing. Doctorow himself has read my essay and not gone for my throat (he actually thanked me), so I guess he does not disagree with me too much;
  • Schumpeter’s curse. This post does not directly speak about manufacturing or makers, but it does make a key point of my talk: creative destruction is not an equilibrium model, and the body count of the makers revolution will likely be high.

My talk was very well received by the predominantly corporate and institutional crowd (hell, corporates and Rome’s Chamber of Commerce cheerfully sponsored the conference). This is telling: a lot of people are so enmeshed in the current innovation ideology that they manage to unsee the “revolution” in the Makers revolution. I am with Doctorow on this one: there will be conflict, the main battlefield will be IPRs, and the bad guys might well win. But then, revolution is no gala dinner, right?

Seeds that take roots: the long march of Visioni Urbane

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Sorry, this post in Italian only. I review the medium term fallout from a generative regional policy I worked on in 2007-2009, wearing a Ministry of Economic development hat. The policy in question seems to have spawned quite a lot of interesting stuff. My tentative conclusion is that the ingredients of this success have very little to do with the amount of funding allocated, and are basically a function of an initial investment of attention for details, time, and freedom to explore alternative paths. Feel free to use automated translation if you are interested, and to get in touch with me if you want to learn more.

Era il 2007 quando ho iniziato a lavorare a Visioni Urbane, un progetto della Regione Basilicata che si proponeva di realizzare alcuni spazi per la cultura. Nel gruppo di lavoro rappresentavo il Ministero dello sviluppo economico; il mio compito era di spingere il progetto nella direzione di investire molto sulle competenze creative e imprenditoriali invece che nella costruzione di edifici.

I risultati di Visioni Urbane hanno superato le migliori previsioni. Il progetto – almeno per ora – ha avuto successo: la scena creativa lucana, in precedenza divisa da una cultura di sospetto reciproco, ha collaborato con generosità e competenza con la Regione per progettare una rete di nuovi centri per la cultura. Quattro di questi sono stati anche realizzati, non costruendo nuovi edifici ma recuperando edifici pubblici esistenti ma in decadenza e non utilizzati (in questo modo, circa 3 milioni di euro di nuovi investimenti in mattoni hanno messo a valore 10 milioni di euro di investimenti pubblici già effettuati), mentre un quinto, a causa di problemi strutturali insanabili, ha dovuto essere demolito ed è attualmente in corso di ricostruzione. La gestione di tutti e quattro i centri completati è stata messa a bando; in tre casi è già stata assegnata, mentre il quarto bando scade a gennaio. Due dei tre bandi già assegnati sono stati vinti da consorzi di associazioni e piccole imprese della comunità di creativi raccolta intorno al progetto.

Questi sono già ottimi risultati. Ma ancora più notevole è il fallout di Visioni Urbane: il piccolo gruppo di funzionari che lo ha condotto, e che risponde direttamente al Presidente della Regione, ha esteso l’approccio del progetto ad altre policies, parzialmente integrate con VU stesso. A quanto ne so io:

  • la rete di coordinamento tra i centri immaginata per Visioni Urbane si è evoluta in una fondazione di comunità, partecipata dalle associazioni e le imprese della comunità creativa, da diversi enti locali e dalla Fondazione per il Sud (che funziona da acceleratore, perché raddoppia la dotazione finanziaria raccolta dagli altri soci). La comunità appoggia energicamente questa operazione.
  • la linea di apertura a collaborazioni nazionali e internazionali di VU ha attecchito; i bandi per lo startup dei centri saranno aperti anche a soggetti esterni al territorio.
  • il gruppo di VU è stato protagonista nel lanciare la candidatura di Matera a capitale europea della cultura nel 2019. La responsabile del progetto e il direttore vengono entrambi dall’esperienza di Visioni Urbane.
  • la Basilicata ha costituito una film commission negli ultimi mesi del 2011. La comunità creativa ha chiesto più volte che il metodo molto partecipato di Visioni Urbane venisse applicato anche in quel caso. Non sono sicuro, però, che questo sia effettivamente accaduto.

Visioni Urbane è stato un progetto generativo. Nei primi tempi è stato necessario fare un investimento iniziale di attenzione, tempo e libertà. Attenzione ai dettagli, per imparare a fare fruttare al massimo ogni occasione e ogni euro di denaro pubblico; e tempo e libertà di azione per crescere, esplorare le alternative a disposizione, rimettere in discussione il proprio modo di pensare la policy (ne ho parlato nel mio libro). Questo ha ridotto, inizialmente, l’efficienza amministrativa misurata in velocità di spesa (ci abbiamo messo diversi anni a spendere quattro milioni di euro), ma ha lasciato all’amministrazione nuovi strumenti per analizzare e per fare. In tempi di crisi e di risorse calanti, è un pensiero che mi dà speranza.

Three futures for Kublai

Kublai Camp 2011 is happening today; it is the third of its kind and the first one that I can’t take part in.. My friend Tito Bianchi at the Ministry of Economic Development asked me to make a short video to tell the people convened how I would envision Kublai’s future. I am happy to oblige: in the video above (Italian language) I outline three scenarios, two of which I would approve of and one I would not. They are:

  1. shutdown at the end the next cycle and move on. We have gained a lot of useful knowledge we can deploy elsewhere, and that was the whole point of the exercise.
  2. devolution of the project to its community, maintaining its public mission. This would be an extraordinary outcome: a public policy so appreciated that its beneficiaries step in to do the heavy lifting themselves. But it is a tricky one to pull off, and at this point in time I deem it unlikely to happen for reasons I explain in the video.
  3. entrenchment and drift of Kublai into a kind of business planning online help desk, feeding into the plethora of contests for startups, creative projects etcetera. I think this outcome would be tired and – in the context of Italy’s constitutional architecture – not suited to a central government agency. I think it should be avoided.

I am curious to see what happens. More info on Kublai here.