Archivio della categoria: Wikicrazia

Wikicrazia a The Hub Milano e al Trendwatching Festival di Capri

Anche questa settimana sarò in giro per l’Italia a presentare Wikicrazia. Domani, cioè mercoledì 27 aprile, gioco in casa: non solo a Milano, ma allo straordinario Hub di via Paolo Sarpi 8, lo spazio di coworking per l’innovazione sociale di cui anch’io sono membro. Alle 18, così poi c’è tempo per l’aperitivo. La pagina Facebook è qui.

Sabato 30 invece sarò a Capri al Trendwatching Festival. Non so bene cosa aspettarmi, mi pare un evento dal carattere più mondano di quelli a cui sono abituato. La notizia, mi pare, è che la collaborazione in modalità wiki è stata promossa al rango di “trend”. Mi sembra un bel segnale. La pagina Facebook è qui.

Sempre a proposito di Wikicrazia, mi è capitato di recente che un editore americano abbia espresso interesse per il libro. Ovviamente io sarei molto contento di farglielo leggere, ma c’è il piccolissimo problema che l’ho scritto in italiano, e lui non sa leggere la nostra lingua. Ho tentato un approccio laterale, mandandogli links a vari materiali in inglese; alla fine però mi pareva mancasse l’idea centrale sottesa al libro e a un po’ tutto quello che faccio, cioè che Internet ci abilita a incidere sulla società personalmente, in quanto singoli cittadini, non solo in quanto rappresentanti di categorie o poteri più o meno forti. E allora ho fatto questo video (marcato “Shameless Self-Promotion Productions”!): facciamo che quest’anno il 25 aprile lo festeggio così. Se siete curiosi delle fonti, le trovate qui.

Aperti nonostante tutto: gli open data italiani segnano un punto

Martedì a Roma è successa una cosa bellissima: è stato presentato OpenSpending Italy, il primo contributo dell’Italia alla piattaforma internazionale OpenSpending.

I dati esistevano già. Sono quelli dei conti pubblici territoriali, che il Dipartimento di Politiche per lo Sviluppo ha cominciato a raccogliere nel 1998. E non solo esistevano, ma erano già in formato aperto; della loro pubblicazione aperta va dato atto al Dipartimento e alle sue e ai suoi dirigenti. Eppure, credo, l’annuncio di martedì segna una svolta importante.

C’è stato un salto nell’accessibilità. Dati di grande rilievo sui conti pubblici italiani (spesa pubblica consolidata dello Stato e delle amministrazioni regionali e locali, divisa per regione) sono accessibili con modalità di visualizzazione interattive, avanzate e facilmente confrontabili con iniziative analoghe all’estero (in lingua inglese), Ancora più interessante, questi dati sono stati pubblicati in forma di widget: chiunque può copiare e incollare il codice di embed dovunque voglia visualizzarli, come io ho fatto più sopra.

Ma il salto più interessante è nell’ampiezza e nella diversità della collaborazione che ha prodotto questo risultato. I dati di OpenSpending Italy sono stati raccolti, puliti e associati a metadati da funzionari pubblici italiani della Ragioneria Generale dello Stato e del Dipartimento di Politiche per lo Sviluppo; elaborati attraverso software scritto e adattato da sviluppatori inglesi e tedeschi della Open Knowledge Foundation, che fa parte del terzo settore; e pubblicato attraverso i canali dedicati al data journalism del quotidiano britannico Guardian, che naturalmente è un’impresa privata. L’idea è stata partorita nei luoghi di ritrovo del movimento open data italiano, e soprattutto in un luogo virtuale: la mailing list di Spaghetti Open Data, nata a settembre 2010 per offrire a funzionari pubblici e hacker civici un luogo dove discutere di dati aperti in un contesto costruttivo e rispettoso.

Grazie a questa diversità “gestita” (nel senso che comportamenti irrispettosi non vi sono tollerati) SOD – come altri luoghi – consente a persone che hanno percorsi e competenze complementari di incontrarsi, esplorarsi e, forse, fare qualcosa insieme. OpenSpending Italy è nato da una collaborazione tra due meravigliose civil servants, Aline Pennisi della Ragioneria Generale dello Stato e Simona De Luca del Dipartimento di Politiche per lo Sviluppo, e il civic hacker Stefano Costa di Open Knowledge Foundation Italia. Stefano ha coinvolto i suoi colleghi internazionali (in particolare Jonathan Gray e Friedrich Lindenberg); e questi hanno chiamato in causa Guardian Media (Simon Rodgers, che in quel momento si trovava in Italia — come del resto Gray — per partecipare al Festival del Giornalismo di Perugia). In 72 ore i dati erano pronti per essere sparati sulla prima pagina di OpenSpending e sul datablog del Guardian.

Questa vicenda, almeno per me, porta un messaggio molto chiaro: il movimento open data italiano è maturato molto prima del previsto. I dati stanno crescendo; stiamo convergendo su standard per la pubblicazione; abbiamo tools di visualizzazione, luoghi di ritrovo fisici e virtuali, simpatizzanti nelle pubbliche amministrazioni e nell’ISTAT. Abbiamo amici stranieri che condividono il nostro interesse e con cui siamo in grado di collaborare alla pari. Abbiamo anche una leadership emergente: rilasciato OpenSpending Italy, Aline sta già lavorando con OpenPolis e Open Linked Data Italy su un progetto che si chiama Open Bilanci, che mira a rendere facilmente accessibili i bilanci degli oltre 8000 comuni italiani. E tutto questo in un paese che viene percepito (con buone ragioni) come bloccato, declinante, indifferente.

Poi ok, la stampa ha fatto un po’ di confusione nel riportare in modo corretto fonti e coverage esatti dei dati (Pasquale Notargiacomo su Repubblica, con un inciampo buffo, li attribuisce al Dipartimento del Tesoro, che esiste negli USA ma non qui da noi!), ma è un ottimo inizio, e sono certo che nel tempo ci insegneremo l’un l’altro a essere più rigorosi. Per quanto mi riguarda, sono molto orgoglioso e felice del piccolo contributo che do al movimento open data italiano, mantenendo la mailing list di SOD (sono una specie di portinaio del condominio). Tutti insieme, servitori dello Stato, geeks e semplici curiosi stiamo dimostrando che si possono fare cose utili qui e ora, con le risorse che ci sono e con le competenze che abbiamo, senza aspettare grandi riforme o rinnovamenti culturali. Possa questa attitudine diffondersi ad altri aspetti della sfera pubblica. Sa il cielo che ne abbiamo bisogno.

Open data: Italian Data Drink, incontro alla Camera e notizie dall’America

La settimana comincia nel segno degli open data. Stasera – lunedì 18 aprile – il gruppo di Spaghetti Open Data si ritrova al primo Italian Data Drink per un aperitivo; simbolicamente, ci troviamo al Mokarabia di Piazza Fiume, dove tutto è cominciato. Chiunque voglia unirsi è benvenuto (mappa). La ragione per cui molti di noi “spaghettari” sono a Roma è che martedì 19 aprile partecipiamo in massa a un evento, organizzato alla Camera dei Deputati da Agorà digitale. Per quanto mi piaccia la nostra favolosa mailing list, sono contento di ritrovarci fisicamente e, vista la forte presenza di esponenti internazionali, di fare squadra con il movimento europeo degli open data.

Negli USA, intanto, l’amministrazione Obama sta rivedendo la sua strategia sulla partecipazione in rete dei cittadini alle politiche pubbliche. Sono passati oltre due anni dal famoso memorandum presidenziale; la stessa denominazione “open government” viene accantonata in favore di una nuova, Good Government (sito ufficiale). L’ex vice CIO della Casa Bianca Beth Noveck approva (vale la pena leggersi il post completo):

Con il senno di poi, “open government” è stata una scelta sbagliata. Ha generato troppa confusione. Molta gente, perfino alla Casa Bianca, continua a pensare che open government voglia dire trasparenza su ciò che fa il governo, [trascurando] la collaborazione informata dai dati tra amministrazioni e cittadini

Martedì 19 troverò il tempo anche per fare una cosa più mia: presento il mio libro Wikicrazia a Roma, in un evento della serie “Caffè con…” organizzato a Reti. Il formato è insolito e molto intrigante: ci si trova alle 8.30 e si fa colazione insieme sulla spettacolare terrazza della sede di Reti. La partecipazione è solo a invito: se volete venire datemi una voce e vedrò che posso fare.