Archivio dell'autore: Alberto

Luís Sepúlveda con i Modena City Ramblers 1999

Tre cose che ho imparato da Luís Sepúlveda

Luís Sepúlveda (per gli amici “Lucho”, che è un diminutivo, ma in spagnolo vuole anche dire “io combatto”) è arrivato nella storia dei Modena City Ramblers come parte di un gruppo di scrittori, tutti latinoamericani: Paco Ignacio Taibo II, Daniél Chavarría, Leonardo Padura, Rolo Díez. Questo gruppo, che chiamava se stesso “la Banda”, ci ha insegnato tre cose.

La prima: la partita non è finita. In quegli anni (fine 90) c’era aria di normalizzazione: Mani Pulite era finita senza il rinnovamento che speravamo, e tutto sembrava immobile. Questi autori avevano preso batoste di tutti i tipi (Lucho era stato torturato dal regime di Pinochet, per dire). Ma invece di essere, come noi, negativi, si rialzavano e continuavano, ancora più convinti di prima.

La seconda: fare gruppo. Al di là degli stili diversi, delle sensibilità differenti, questi scrittori si appoggiavano l’uno all’altro, si sostenevano a vicenda, erano una vera risorsa gli uni per gli altri. Il loro altruismo e spirito di gruppo è stato una fonte di ispirazione. Il nostro gruppo naturale di riferimento, i gruppi italiani più o meno alternativi di allora, non facevano niente del genere. Al contrario, c’erano spesso piccole rivalità.

La terza: c’è molta gioia nel lavoro comune per una causa sensata. Questi autori erano persone allegre, ottimiste, positive, nonostante i vissuti a volte pesantissimi di persecuzione, esilio, prigione, tortura. Nel 1999 siamo andati a Gijón, in Spagna, dove Lucho si era trasferito, per partecipare alla festa del suo cinquantesimo compleanno. Il suo percorso scaldava il cuore: dalla galera di Pinochet alla sicurezza della Spagna, l’amore della compagna con cui si era riunito (anche lei ex perseguitata dal regime cileno), il successo come scrittore. Quasi tutti i componenti della Banda erano presenti, per festeggiare lui, e la strada fatta insieme. Li guardavamo, a tavola, scambiarsi storie buffe e terribili, chiamarsi a vicenda “compañero de toda la vida” con tanto di mano sul cuore. Esprimevano sentimenti forti e sinceri, ma con una strizzata d’occhio allo stereotipo del sudamericano sentimentale. E pensavo: queste sono buone vite, anch’io voglio vivere una vita così.

Questi tre insegnamenti mi sono rimasti. Sono stati patrimonio comune dell’esperienza dei Modena City Ramblers per come l’ho vissuta. E li ho portati con me nella mia vita attuale di imprenditore sociale “mutante”. Combattere per una causa degna, con un gruppo di persone che ami e ammiri, e perfino qualche probabilità di vincere: se non è la ricetta per la felicità, ci va molto vicino.

Ave atque vale, Lucho. Ti sei battuto bene. Spero che, alla fine, si potrà dire lo stesso di tutti noi.

R.I.P. Luís Sepúlveda, 1949-2020

L’amore di Schrödinger: gestire le incertezze della fase iniziale di una nuova relazione poliamorosa

Quello del gatto di Schrödinger è uno degli esperimenti mentali più famosi di tutti i tempi. Il fisico austriaco Erwin Schrödinger lo propone nel 1935, per sottolineare l’assurdità della cosiddetta interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica. Se non lo conosci, l’idea è questa: un gatto è chiuso in una scatola sigillata, che contiene un atomo di un materiale radioattivo, un contatore Geiger, e una fiala di gas velenoso. Se l’atomo decade (un evento casuale), il contatore Geiger rileva la radiazione e libera il gas, che uccide il gatto. La scatola ci impedisce di vedere cosa succede all’interno. L’interpretazione di Copenhagen implica che, fintanto che rimane sigillata,  il sistema gatto-scatola-veleno esiste in uno stato in cui il gatto è allo stesso tempo vivo e morto. Aprendo la scatola, spingiamo il sistema a “scegliere” uno stato non quantistico in cui il gatto è vivo, oppure un altro in cui è morto.

Penso spesso al professor Schrödinger e al suo gatto quando sono nelle prime fasi di una nuova relazione. Sarà capitato anche a te: incontri una persona. Ti intriga, poi ti affascina, poi ti strega completamente. Anche lei/lui sembra interessarsi a te. Il primo appuntamento è andato bene. Il secondo, ancora meglio. Eppure, hai dei dubbi. Potresti leggere i segnali in modo sbagliato – dopo tutto, è una persona che conosci appena. Potresti ingannare te stesso/a. Come l’osservatore all’esterno della scatola sigillata, semplicemente non sai cosa sta succedendo lì dentro. Quindi, sei allo stesso tempo la persona più fortunata del mondo, all’inizio di un nuovo amore, e avviato/a verso una rottura dolorosa. L’amore di Schrödinger.

Questa situazione non è unica del poliamore. Ma trovo che il poliamore la amplifichi, per due ragioni. La prima: è più difficile fare previsioni sul futuro successo o fallimento di una relazione poliamorosa che su quello di una monogama. La monogamia è una norma: ci sono regole, e rendono ad applicarsi a un ventaglio ampio di persone e situazioni. In più questa norma è universalmente nota, e continuamente rinforzata da arte, cultura popolare, religione, politica e così via. Il poliamore, invece, è fatto di reti: tutto cià che due persone possono essere l’una per l’altra dipende non solo da loro, ma dalle loro relazioni con i loro altri partners, e da quelle dei questi con i loro partners, e così via, idealmente attraverso l’One Love Graph.

La seconda ragione per la persistenza di nuove relazioni poliamorose nello stato di “amore di Schrödinger” è questa. A parità di altre condizioni, nel poliamore serve più tempo per avviare una relazione. Quasi sempre ci sono vincoli di calendario: devi fare spazio per il tuo nuovo amore senza penalizzare i partners esistenti (la persona di cui ti sei innamorato deve fare lo stesso). Spesso, ci sono anche dubbi, insicurezze, un ambiente esterno che giudica e disapprova. Amare più persone allo stesso tempo, con la piena informazione e il consenso di tutti gli interessati, è una bellissima scelta, coraggiosa e ambiziosa. Ma proprio questo coraggio strategico richiede poi prudenza tattica: cambiamenti incrementali, rassicurando tutti ad ogni passo che facciamo.

Per queste ragioni, è probabile che la tua nuova storia d’amore resti per un periodo relativamente lungo in uno stato di sia-viva-che-morta. Questo può essere difficile. Sei l’amante di Schrödinger, esultante e depresso/a, felicemente innamorato/a e abbandonato/a, tutto allo stesso tempo. Parlo per esperienza.

Per fortuna, le persone che praticano poliamore tendono a essere brave a comunicare. È necessario per non finire nei guai (o almeno per non finirci troppo spesso). Ci sono strumenti che possiamo usare per aprire la maledetta scatola e spingere l’amore di Schrödinger a scegliere, finalmente, se è vivo (preferibile) o morto: il mio preferito è lo S.T.A.R.S. talk (link in inglese). Ma sono appunto strumenti, non bacchette magiche. Funzionano al meglio quando se ne ha meno bisogno: quando tu, e le persone che ami siete sereni, con le idee chiare, e conoscete bene voi stessi. Non ha senso imporre una “discussione chiarificatrice” a una persona confusa, spaventata, in lotta con i suoi sentimenti. Non chiarificheresti niente, e in cambio di questo niente rischi di estraniare la persona con cui vuoi costruire un legame. E comunque, se hai a cuore una persona, costringerla ad adattarsi ai tuoi tempi non un buon modo per dimostrarle i tuoi sentimenti.

Alla fine, non c’è poi molto che tu possa fare. Puoi fare un atto di fede nella persona di cui ti sei innamorata/o. Puoi accettare di prendere le cose alla velocità del più lento tra voi. Puoi assumere la sua buona fede: evitare di offenderti quando ti manda messaggi ambigui, che possono avere un’interpretazione negativa, e pensare invece “X non pensa questo di me! Deve essere un’incomprensione”. La cattiva comunicazione è praticamente inevitabile in questa fase. Queste piccole incomprensioni possono perfino aiutarti a indirizzare la relazione nella direzione giusta, perché, ogni volta che una comunicazione ambigua si risolve per il meglio, la fiducia reciproca cresce. Per la stessa ragione cerco di dare spiegazioni (anche non richieste!) per qualsiasi cosa dica che rischia di suonare ambiguo. C’è un rischio di pedanteria, ma non è un rischio paragonabile a quello di ferire una persona a cui tieni.

Quindi: quando esplori una nuova relazione poliamorosa, aspettati una lunga fase di amore di Schrödinger. Non puoi evitarla, quindi cerca di godertela e sopportarla (allo stesso tempo, ovvio). Il poliamore non è per i deboli di cuore. Ma questo lo sapevamo già.

Image credit: Dhatfield – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4279886

Di nuovo, casa

Nel 2019, ho acquisito la cittadinanza belga. Avevo cominciato il processo l’anno prima, ammettendo a me stesso che ho intenzione di restare nella mia amata Bruxelles, e cercando di progettermi da eventuali colpi di mano della politica italiana (stile Brexit). Non è stato difficile: un po’ di burocrazia, un paio di cento euro, e la macchina amministrativa belga si è messa in moto.

Il tempo è passato. E poi, un paio di settimane fa, ho ricevuto un invito a sorpresa dal sindaco di Forest (uno dei 19 communes di Bruxelles, dove vivo). Si congratulava con i residenti che avevano recentemente acquisito la cittadinanza belga, e si chiedeva se volessi passare in Comune per un momento di convivialità con lui e i suoi colleghi? Ho risposto certo, che idea simpatica. E stasera sono andato.

Mi aspettavo una formalità. Un discorso generico, fatto da qualche collaboratore del sindaco, seguito dalle tartine di rito. Mi sbagliavo.

Tutta la giunta comunale era schierata per l’occasione. Il sindaco, e sei dei nove
échevins (assessori, più o meno), in tutta la loro gloria multi-etnica (foto sopra). Nessuno sembrava avere fretta. Tutti e sette hanno fatto ogni sforzo per per spiegare che i dipendenti comunali, e loro stessi, sono a disposizione dei cittadini, e che loro porte sono sempre aperte. Quando una signora ha confessato di avere problemi a trovare casa a un prezzo decente, l’hanno praticamente circondata, spiegando cosa i rispettivi uffici possono fare per aggredire il suo problema. Il governo locale, al meglio di sé.

Ma è l’umanità della situazione che mi ha colpito di più. I nostri rappresentanti istituzionali sembravano davvero interessati a conoscere ciascuno di noi individualmente, e contenti e lusingati che avessimo scelto Forest come la nostra casa. Sembrava perfino che gli piacessimo.

La gente li ricambiava, con gli interessi. Diversi “nuovi belgi” si sono alzati per ringraziare l’istituzione per la qualità e l’umanità dei servizi che avevano ricevuto, prima in quanto stranieri, ora in quanto belgi. Una signora, raggiante, ha annunciato di avere lavorato in nero per anni, ma ora il suo status di cittadina le apriva nuove possibilità. Tutti si sono fatti una risata, e il sindaco ha sorriso e detto che gli dispiaceva che avesse dovuto lavorare in quelle condizioni, ma era contento che ora il problema fosse risolto.

Parlando, è saltato fuori che Forest ha 56,000 abitanti di 144 nazionalità diverse. Nel solo 2019, circa 500 residenti stranieri, insieme a me, hanno acquisito la nazionalità belga. Sono numeri incredibili, che mettono a nudo le bugie sull'”emergenza immigrazione”, l'”invasione”. Oltre la metà dei residenti a Bruxelles non aveva la cittadinanza belga alla nascita (fonte). Dovrebbe essere l’emergenza al cubo. Eppure eccoci qui, con il nostro sindaco che ci dà il benvenuto nella vasta, colorata, un po’ sgangherata famiglia bruxellese (sì, orgogliosamente sgangherata, visto che i nostri eroi culturali sono gente così).

Ben giocato, miei concittadini belgi. No, questo paese non è perfetto. Può essere parecchio disfunzionale. Ma queste cose si aggiustano. Quello che per me conta di più sono l’umanità, l’ironia e la tenerezza che così spesso riuscite a infondere nella nostra vita comune. Se questo è il Belgio, sono orgoglioso di avere scelto di vivere qui, e di diventare uno di voi.