Io di anni ne ho 31…32 và! Sono una donna e ho deciso di fare un lavoro impossibile in Italia, la musicista. Rappresento con mio fratello e qualche cugino, la prima generazione di laureati in una famiglia di operai e, prima, di contadini. I miei genitori, che hanno vissuto nella loro giovinezza la crescita economica del paese, vedevano riflesse in noi le speranze del riscatto sociale, quello gridato in piazza dagli intellettuali degli anni ’70, che i miei la sera dopo il lavoro, vedevano in tv.
Io ho studiato, sono diventata comunista e atea, ho cercato di assimilare gli insegnamenti di mio padre: lavoro e onestà, ma ora ho le mani piene di sabbia.
Forse hai ragione Alberto, non potete cantare voi questo disagio, non é il vostro. Voi avete fatto quello che vi sembrava utile e chissà se lo é stato. Qualcosa dobbiamo inventarci, ognuno con i propri mezzi, restasse anche solo l’eco di un campanello di allarme.
Il problema é che la mia generazione ha le valige pronte e anche io avrei voglia, come David, di andare via da questo paese che delude e che corre, velocissimo, verso il basso. Per ora non lo farò, voglio vedere se riesco a resistere, se riesco a farlo da qui. Altrimenti partirò come David per cercare di fare cose belle e intelligenti lontano da qui.
Perché lo sguardo di mio padre sia fiero.
Il folk senza il popolo / 2
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