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Mappe per capire la creatività iperlocale

I luoghi contano, lo ripetono in continuazione gli economisti che, come noi, si occupano di sviluppo. E la creatività non fa eccezione: ci sono città e luoghi più creativi di altri. Ne consegue che dovremmo sempre stare molto attenti a riportare i nostri dati su mappe, e ripensare alle informazioni che abbiamo situandole in un contesto geografico. Queso una volta era lungo, difficile e costoso (ricordo Anna Natali che colorava con i pastelli cartine topografiche della bonifica del Mezzano, nel delta del Po – era solo 15 anni fa!): oggi, però, fare mappe è diventato molto semplice: sono disponibili database geografici planetari 3D molto accurati (come la piattaforma Google Maps/Google Earth) e interfacce assai intuitive su cui tutti possiamo innestare i nostri dati, creando mappe mashup. Così sostiene l’ultimo numero di Wired, che dedica due lunghi articoli (uno addirittura di Bruce Sterling! massimo rispetto e venerazione) alle nuove opportunità di organizzare l’informazione per localizzazione nello spazio e a come esse stanno trasformando il mondo.

Ho fatto qualche prova e ho scoperto che è vero: con qualche ora di lavoro, partendo dallo zero assoluto, ho costruito una mappa mashup del tour estivo 2007 dei Fiamma Fumana, ora visibile sul nostro sito. Ho usato Community Walk, ma ci sono letteralmente decine di tools (per ora non trovo molto intuitivo quello della stessa Google, My Maps) per fare la stessa cosa. Più o meno tutta questa roba usa un linguaggio che si chiama KML (keyhole markup language), per cui è facile passare da un’applicazione a un’altra. Da Community Walk potete scaricare la mappa del tour dei Fiamma Fumana sull’hard disk (genera un file .kml) e trascinarla sull’icona di Google Earth per vedere il tour “dallo spazio”.

Anche a Pescara abbiamo bisogno di mappe. L’Atlante della creatività, pubblicato a inizio anno, contiene molti dati, ma non la visualizzazione in mappe. Abbiamo un accordo con il servizio cartografico della Regione Abruzzo, che ha un progetto di e-government basato sulle mappe online, ma la Regione è sostanzialmente paralizzata dalla burocrazia interna (i cartografi attendono da sei mesi un’autorizzazione dal servizio formazione professionale per consegnarci le mappe – ma perché, poi? Booster è un progetto regionale, noi lavoriamo per loro). Ho deciso: se non si danno una mossa ci investo un paio di giornate di lavoro e mi arrangio da solo. Comunque, il loro investimento in tecnologia è già obsoleto, Google è entrata nel mercato e – di nuovo – questo significa che serve contenuto, analisi locale, non tecnologia: la Silicon Valley è il fornitore globale di queste tecnologie, punto e basta. A proposito di località.

The time is now: il fattore tempo nella progettazione

L’altra sera ho visto un’intervista registrata di Giovanni Lindo Ferretti dove si parla molto del tempo e dove, fra l’altro, si dice che “una cosa fatta nel momento giusto, è un atto molto potente”.
Questa e altre frasi mi hanno fatto pensare una volta di più a quanto il fattore tempo sia stato determinante nei risultati di molti avvenimenti a me accaduti: la stessa azione fatta in ritardo rispetto al tempo “giusto” per farla, perde quasi completamente la sua forza e il suo significato.

Anche in Booster il fattore tempo sta determinando lo stravolgimento di ciò che ha senso ed è possibile realizzare nel project work finale, nonostante ci sia chi cerca di affermare che si è ancora e sempre in tempo per realizzare tutto (per poi sistematicamente accorgersi all’ultimo momento di essere in ritardo ed in emergenza). Non c’è più il tempo per realizzare ciò che fino a un paio di mesi fa sembrava possibile realizzare e che avrebbe dato grande visibilità e slancio per attività future. Perfino concerti pensati per la loro originalità, dopo qualche mese hanno perso questa loro valenza (gli artisti coinvolti hanno già suonato più volte in città).

Inevitabile allora riprogettare tutte le attività in base ai nuovi accadimenti, inutile perdersi in rimpianti, è invece il tempo di capire cosa è giusto fare in questo momento, adattando ciò che abbiamo pensato finora con atteggiamento realistico, “creativo” e “nuovo”. Capire qual’è la cosa giusta da fare in questo momento, e farla, nel momento giusto, non aspettare, il tempo è una risorsa scarsa, molto scarsa.

Questa necessaria flessibilità in itinere dei progetti e della progettazione mi ha fatto pensare anche alle riflessioni di Anna Natali alla Scuola Estiva della Calabria sui limiti degli schemi a sequenza logico-razionale predefinita, ma di questo magari parlerò in un prossimo post…


P.S. questo è un blog, anche per i post di un blog c’è un tempo giusto per scriverli e un tempo oltre il quale non ha più senso. Beh, ce ne sono diversi che avevo pensato di scrivere ma poi il tempo è passato… In ogni caso credo che le cose che volevo dire ritorneranno più avanti, cambiate e rinnovate.

“Il sottosviluppo è la regola, lo sviluppo l’eccezione.” Nel sottosviluppo la “storia” di ognuno è: la colpa è degli altri

“Nel Meridione il sottosviluppo è la regola, lo sviluppo l’eccezione, questo è il messaggio sotteso di consapevolezza della nostra scuoletta estiva di quest’anno” ha ripetuto più volte Mimmo Cersosimo nei giorni della nostra presenza in Calabria.

Ora il progetto Booster si è scontrato contro il muro di gomma del sottosviluppo: inefficienza, ritardi cronici che fanno saltare la programmazione, inaffidabilità, gambadilegno…
Nulla di nuovo insomma.
Dal punto di vista delle dinamiche dello sviluppo forse la cosa più interessante è che negli entusiasmanti 9 mesi (settembre 2006 – maggio 2007) “di sviluppo” di Booster si era venuta a formare (citando Seravalli) una nuova storia comune di soggetti eterogenei che condividevano (in modo più o meno forte) uno stesso “discorso” sul cambiamento.

Ora che invece tutto sembra essersi impantanato nelle paludi del sottosviluppo, quella storia comune sembra essere smarrita, e ogni singolo soggetto di quella storia sta cercando di affermare ripetendo come un mantra la sua storia, che si potrebbe facilmente riassumere nella frase: “la colpa di questa situazione è degli altri”.
Sembra quasi che ammettere le proprie responsabilità significhi “far passare” la storia degli altri, la mia opinione è invece che questo sarebbe il primo necessario passo da fare (tutti assieme, ognuno le proprie) per ricostruire una comune volontà e storia per il cambiamento (perchè come si è detto questo è frutto di una volontà condivisa da più soggetti, non il risultato possibile dell’azione di un solo soggetto isolato).

Del resto è molto evidente come questa pratica non ha fatto altro finora che separare i soggetti un tempo uniti (in modo anche debole e fragile, ma uniti), facendoli impegnare più a raccontare/mistificare la realtà a loro modo, che a darsi da fare per cercare di mettere in atto se non il cambiamento sperato, almeno quello possibile.