Ho scritto questo post come una missione di Edgeryders sul come si impara. L’idea è di fare una specie di test sull’istruzione: quali sono le nostre abilità più importanti? E dove, come le impariamo? In teoria io dovrei dirigere Edgeryders, non giocarci, ma questa missione era così intrigante che non ho resistito. Se volete vedere come altri rispondono alla stessa domanda, guardate qui.
Sono un lavoratore delle conoscenza. Passo la maggior parte del mio tempo a interagire (per lo più online) con altri umani per produrre e manipolare informazione, e trasformarla in conoscenza. Quindi, in prima approssimazione, le abilità che uso ogni giorno sono leggere, scrivere, sintetizzare, ricercercare informazioni. Uso molto l’inglese, occasionalmente il francese. Leggo e scrivo budgets e contratti. In qualche caso uso la matematica (teoria dei giochi, teoria del grafi o calcolo differenziale o algebra lineare standard) per decodificare un modello teorico. Ma questo non dice molto: è solo un elenco di attività, non un modello di ciò che faccio. Credo che possa essere riassunto in tre “abilità composite”, i miei strumenti di lavoro più preziosi.
La prima è raccontare. Le scienze cognitive ci dicono che noi umani pensiamo in termini di storie, e risolviamo le incertezze collegate al fatto che viviamo in un mondo in rapido cambiamento immaginandoci come personaggi di una storia (presa da un repertorio abbastanza piccolo di storie archetipiche, tipo “lo straniero cavalca in città, risolve il problema e riparte al tramonto”). Immagina di dovere decidere tra un percorso professionale sicuro, magari un po’ noioso, e uno più rischioso, ma che può avere un impatto sociale rilevante. Calcolare probabilità è impossibile: semplicemente non puoi soppesare tutto ciò che potrebbe succedere lungo i due percorsi. Ma sai che sei come Neo in Matrix, e Morpheus è lì che ti guarda con in mano una pillola rossa e una blu, e a quel punto la scelta è ovvia. Sei l’Eletto, questo è il tuo percorso, e non c’è altro da dire.
L’abilità di raccontare consente di indirizzare la tua carriera e la tua vita. Per esempio, rende possibile il fundraising: a meno che tu non faccia cose standardizzate, per cui la decisione di acquisto è semplice, otterrai risorse per i tuoi progetti quando i tuoi finanziatori riconosceranno una storia, e il loro ruolo in quella storia è di aiutarti. Un mio vecchio progetto, Kublai, si basava fortemente sulla narrativa dello “Stato buono”, che usciva dalle mura del castello per lavorare insieme ai suoi cittadini e non contro di loro. Questa storia ha avuto, credo, una parte importante nella decisione del Ministero di affidarmi la responsabilità del progetto, e in quella di tanti creativi italiani di collaborare. Oggi cerco di costruire narrative su tutte le cose importanti che faccio: i progetti professionali, ma anche quelli personali come andare a vivere all’estero.
Chiamerò la seconda abilità divinazione. Con questa parola denoto un atteggiamento che combina analisi formale con un atteggiamento umile, attento a non sopravvalutare il ruolo di singole persone o organizzazioni nell’infuenzare gli eventi. Quasi tutte le persone che consideriamo potenti sentono invece di avere poca presa, di essere nelle mani delle organizzazioni che, in teoria, dovrebbero dirigere, o semplicemente di eventi esterni, incontrollabili e imprevedibili. Quindi, divinazione per me significa cercare le cause profonde delle cose, e le forze con cui mi voglio allineare, alla base della società, nelle innumerevoli interazioni in cui ci impegnamo ogni giorno, e non al suo vertice. Questa abilità consente l’analisi disincantata: quando la possiedi, non ti illudi che, se solo il ministro o il presidente cambiasse idea, tutto sarebbe diverso. In più, ti fa scartare le teorie della cospirazione e ti libera dal bisogno di trovare capri espiatori (i politici, le banche, i media).
La terza abilità è il perdono. Con questo intendo l’accettazione profonda che non ha senso spingere le persone a conformarsi a qualche standard: le persone sono quelle che sono, ed è più costruttivo capire cosa sanno fare bene e organizzare le attività in funzione di questo piuttosto che piegare loro per adattarle alle attività (che in genere è comunque impossibile). Anni fa ho lavorato con un giovane che era matto. Non intendo solo dire che è eccentrico: a un certo punto è stato ospedalizzato di autorità e messo sotto psicofarmaci, in seguito a una diagnosi psichiatrica piuttosto pesante. Eppure, questa persona è un collega brillante nel tipo di progetti in cui tendo a essere coinvolto. Lavora moltissimo, e con entusiasmo. È un grande connettore. Ha sempre tempo per tutti, e tende a stare online 16 ore al giorno. Attenzione: non è brillante nonostante la sua condizione psichiatrica. È brillante a causa di essa. È un ossessivo, e se incanali la sua ossessione diventa una persona felice, realizzata e ammirata per i suoi risultati. Non è bravo in tutto, ma del resto questo vale anche per me o per chiunque altro. Questa abilità consente il management: una volta che abbandoni gli standard puoi cominciare a fare il lavoro che conta davvero, cioè progettare ambienti in cui le persone (le persone come sono veramente, non come sarebbero in qualche mondo ideale) ottengono risultati. È anche utile nella vita personale: se non hai standard puoi godere della compagnia di persone molto diverse da te.
- Ho imparato a raccontare soprattutto leggendo narrativa e fumetti. Un economista di nome David lane mi ha spiegato perché la narrazione è così importante in une seminario universitario sulla teoria dell’innovazione, molto tempo dopo che avevo terminato i miei studi. La scuola superiore mi ha in parte aiutato a sviluppare questa abilità, soprattutto attraverso lo studio della storia. In retrospettiva, se avessi avuto un buon insegnante di storia dell’arte avrei potuto imparare molto sulla narrazione dalla pittura del rinascimento, ma non ho avuto fortuna.
- Ho imparato la divinazione dall’economia. Mi è rimasta in mente una frase di Albert Hirschman (presa dall’introduzione ad Ascesa e declino dell’economia dello sviluppo: spiegava di avere preso parte all’esecuzione del piano Marshall, e che quella esperienza “gli aveva inculcato un sano rispetto nell’abilità del mercato di batterti in astuzia.” Un’affermazione così umile da parte di un uomo che partecipava al più grande successo di pianificazione economica di tutti i tempi mi è rimasto impresso in profondità. Più tardi, le scienze della complessità mi hanno dato un modo rigoroso per approcciare i fenomeni sociali in questo modo.
- Ho imparato il perdono da un collega più esperto nel mio primo lavoro; collega che, più tardi, è diventato uno dei miei migliori amici.
Non vedo perché queste cose non si potrebbero imparare a scuola. Quando andavo a scuola (anni 70-80m, nella provincia italiana) l’approccio alla conoscenza era abbastanza ottocentesco: imparavi nozioni, non abilità. Ma forse le cose sono cambiate, e adesso le insegnano.