Molte persone mi hanno scritto per segnalarmi un articolo di alto profilo su Repubblica (tre pagine, compresa la prima) dedicato al tema del governo aperto (chiamato dal titolo “Wikicrazia”) e dell’interesse che sta suscitando in Italia. A questo interesse ha contribuito non poco l’articolo stesso: un endorsement cosí forte ha acceso la curiositá di persone che non se ne erano mai occupate, e spinto persone giá interessate a passare all’azione.
Credo che il movimento per il governo aperto, pur cosí minoritario, abbia in sè una forza irresistibile. Gli deriva dal fatto che è possibile impegnarvisi anche da soli, qui e ora, con gli strumenti e le risorse che ci sono; il lavoro è abbastanza frazionabile da potere essere svolto in piccolissimi pacchetti con soddisfazione, sentendosi utili, senza aspettare riforme di sistema o cambiamenti culturali. Però credo anche che, nel generare l’onda di interesse attuale, abbia avuto un ruolo fondamentale Riccardo Luna, ex direttore di Wired Italia e autore dell’articolo in questione. Riccardo non è solo un buon giornalista e comunicatore; è diventato un militante e un organizzatore di questo movimento. In questi mesi ci siamo sentiti spessissimo, e ho visto il suo entusiasmo crescere e diventare visione. Il suo stile inclusivo, attento a riconoscere i meriti altrui e a non intestarsi mai il tema, gli ha creato intorno molta simpatia e molta credibilità.
Se posso permettermi un consiglio – non tanto a Riccardo quanto a tutti noi – credo che sarebbe importante mantenere l’attenzione puntata sulla collaborazione di massa basata sull’autoselezione, evitando ogni personalizzazione e respingendo la tentazione di fare dei guru delle persone che stanno lavorando sul tema. Non sarebbe appropriato. In ogni progetto che inizio, so che il collaboratore più importante, il cittadino o la cittadina che darà il contributo più prezioso, è il cittadino o la cittadina che ancora non conosco. È per questa persona sconosciuta che progetto: perché possa trovare la strada del progetto che ha bisogno proprio di lei, e perché questo la ingaggi in modo utile, divertente e rispettoso. È lei che dà senso alla collaborazione e porta a casa il risultato.
I guru, invece, sono l’ultima cosa di cui sento il bisogno.