Oggi si tiene il Kublai Camp 2011, il terzo in tutto e il primo a cui non posso partecipare. L’amico Tito Bianchi del Ministero dello Sviluppo Economico mi ha chiesto un breve video in cui dico come vorrei che fosse Kublai tra tre anni. Ecco fatto: delineo tre futuri possibili, due che mi piacciono e uno che non mi piace. E sono:
un onesto pensionamento alla fine del prossimo ciclo.
la devoluzione di Kublai alla comunità dei kublaiani, mantenendone la missione pubblica.
entrenchment e slittamento verso una specie di sportello di impresa online. Questo esito mi sembra poco interessante e poco adatto allo Stato centrale, e credo che andrebbe evitato con cura.
Sono in partenza per la Puglia, per un giro di appuntamenti legati in un modo o nell’altro alle politiche pubbliche in rete. Sono particolarmente contento perché mi darà modo di ritrovare vecchi compagni d’armi e incontrare persone per me nuove e interessanti. Giovedì 2 dicembre mi trovate a Barletta: presento il libro al circolo ARCI Carlo Cafiero insieme a Luigi Pannarale, un sociologo intelligente e curioso.
Venerdì 3 sarò al Festival dell’Innovazione di Bari: al mattino mi aspetta una conversazione sul tema della creatività digitale con Nichi Vendola, presidente della Regione; Vincenzo Vita, presidente della commissione istruzione del Senato; Francesco Morace, sociologo attivo nella consulenza aziendale, presidente di Future Concept Lab; e soprattutto il blogger e scrittore Giuseppe Granieri, con cui lavorammo al primo anno di Kublai.
Al pomeriggio, sempre al Festival dell’Innovazione, faremo una riflessione sulle politiche per la creatività, viste dal laboratorio del Sudest italiano attraverso il filtro di Wikicrazia e del ruolo della collaborazione di massa online: e lo faremo a partire da esperienze concrete e che conosco bene. Annibale D’Elia ci racconterà il progetto Bollenti Spiriti della Regione Puglia; Rossella Tarantino ci racconterà del progetto Visioni Urbane, della Regione Basilicata, simile al cugino pugliese negli obiettivi, ma completamente diverso nell’attuazione; e il vulcanico Walter Giacovelli ci dirà di Kublai, in particolare della sua attivissima colonna sudorientale. Mi aspetto che partecipino molti creativi, mi piacerebbe provare, insieme a chi ci sarà, a immaginare la prossima generazione di politiche per la creatività. Quindi portate post-it e block notes, perché a chi viene sarà chiesto non solo di ascoltare, ma anche di dare una mano a progettare!
La vittoria di CriticalCity a TechGarage ha dell’incredibile. Intanto per le proporzioni schiaccianti: i ragazzi di Milano hanno vinto tutto (il primo premio, il premio di Wired e il premio del pubblico, con una colletta da 100mila euro improvvisata per fornire loro i fondi di startup. Non sto scherzando: leggete il racconto di Marco, che era presente). E poi perché il loro progetto è esplicitamente sociale e not-for-profit (“non vogliamo monetizzare l’impegno per migliorare le città dei nostri giocatori”, dicono), mentre TechGarage è un luogo consacrato all’impresa pura e dura, for profit, promossa dall’azienda di venture capital Dpixel e frequentata dal gotha degli investitori in hi-tech di casa nostra. In qualche modo, queste persone hanno percepito CC come un’idea troppo bella per non essere realizzata.
Questa storia ha dell’incredibile anche per una terza ragione. CC non esce dal vivaio di uno dei tanti progetti di incubazione di startup promossi dal settore privato, tipo Working Capital (di Telecom). Esce, invece, da un ambiente di progettazione creativa di una pubblica amministrazione italiana, cioè da Kublai, che ho l’onore di avere ideato e di dirigere per conto del Ministero dello Sviluppo. Anche Gianluca, presidente di Dpixel e artefice dell’operazione TechGarage, ha incontrato CC da membro della giuria che ha assegnato il Kublai Award a gennaio. Questo, secondo me, vuol dire due cose.
1. Le communities, se orientate nel modo giusto, sono tendenzialmente in grado di riconoscere le buone idee. Quelli di Kublai sono progetti creativi, non video di gatti: quindi sono complessi, vanno valutati su più dimensioni. Il documento di progetto di CriticalCity, per esempio, è lungo oltre 30 pagine con gli allegati. Il consenso creatosi all’interno della community kublaiana su CC ha predetto con grande precisione ed energia quello verificatosi a TechGarage e in altri contesti.
2. Il settore pubblico, per tradizione più orientato ai beni collettivi di quello privato, si trova oggi in una posizione assolutamente strategica. Oggetti come Wikipedia, Delicious, Flickr, Twitter hanno natura di beni pubblici, risorse a disposizione di tutti. Anche CriticalCity potrebbe diventarlo. Ora, i beni pubblici sono una gran bella cosa, ma se sono pubblici vuol dire che il loro consumo non è escludibile, quindi sono per definizione molto difficili da monetizzare – e infatti molte bellissime idee del web 2.0 hanno problemi sul modello di business. Questa è una grande opportunità per il settore pubblico, la cui missione è proprio quella di produrre beni pubblici. Dopo la tragedia dei commons messa in moto nel settecento, le tecnologie digitali consentono oggi di invertire la tendenza e di creare nuovi commons. E chi vince la gara dei commons vince la gara della competitività globale.
Si è aperta, mi pare, una finestra di opportunità straordinaria, che non credevo avrei visto nella mia vita. Abbiamo democratizzato la creatività, per cui concepire e tentare di realizzare progetti ambiziosi come CriticalCity fa ormai parte dell’orizzonte del possibile per ragazzi e ragazze normali come Augusto, Duccio, Chantal e gli altri; abbiamo nel web 2.0 uno strumento potentissimo per aggregare idee e persone, e ormai forse anche per selezionarle; ormai cominciamo anche ad avere una prima generazione di persone che stanno nelle pubbliche amministrazioni, capiscono questo linguaggio e sanno usarne gli strumenti.
Questa prima generazione ha oggi una nuova missione: ricablare l’economia per permettere la produzione di commons. Wikipedia e gli altri possono avere modelli di business instabili, ma il loro contributo al benessere collettivo e alla competitività globale è indiscutibile. Un governo degno di questo nome deve promuovere queste cose. E può farlo, perché ha risorse enormi, normalmente impiegate in attività a produttività bassissima: tutti i progetti presentati a Public Services 2.0, messi insieme, costavano quanto un unico progetto del programma europeo e-participation. Si tratta di ricablare l’economia, per convogliare attenzione e un po’ di denaro verso le persone come i ragazzi di CriticalCity, che sognano di costruire risorse a disposizione di tutti, e proprio per questo difficili da monetizzare. E’ difficile, ma non impossibile, e assolutamente necessario. Io ci provo. Spero, e credo, che non resterò solo su questa strada.