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Expo 2015: la città publish-then-filter

A marzo dell’anno scorso l’Expo 2015 è stata assegnata a Milano. Questa potrebbe essere una carta importante per la città – basta guardare come Torino ha sfruttato le Olimpiadi invernali – e anzi alcune persone che stimo molto pensano che sia l’ultima occasione per dare una direzione strategica a una città che da molti anni sembra non ce l’abbia. Purtroppo da allora non sono stati fatti progressi significativi. Molti milanesi si sentono pessimisti sull’esito dell’operazione, e sta raccogliendo consensi la proposta di Vittorio Gregotti di rinunciare all’Expo – o ripensarla in modo radicale – e rimettere le risorse finanziarie in disponibilità per il pacchetto anticrisi.

Insieme ad alcuni amici, tra cui Augusto e Filippo ne abbiamo parlato molto, e crediamo che in realtà molti dei benefici veri dell’Expo si possano mietere quasi senza risorse. Per due motivi.

1. L’Expo porta benefici perché costringe la città a riflettere sul proprio futuro. Ma questa riflessione va fatta comunque, e ormai ci pare che ci sia una massa critica di milanesi intelligenti che ha le capacità e la volontà di farla, Expo o non Expo.

2. Molte delle cose che possono migliorare la qualità della vita dei milanesi si possono fare con soluzioni low cost e low tech, spingendo sul pedale della sperimentazione sociale. Per esempio, per fare una pista ciclabile in corso Buenos Aires forse non ha senso fare cinque anni di braccio di ferro con i commercianti e affidarsi al consiglio comunale: forse si può, un bel giorno (anzi una notte, che si vede meglio), andare lì con qualche proiettore laser da poche centinaia di euro (un po’ come nella foto), programmati con software scaricabile gratuitamente dalla rete, tracciare le righe sull’asfalto, armarsi di videocamera e stare a vedere cosa succede. Se la gente ci si trova bene, poi si passa anche dal consiglio comunale e dal piano traffico, ma lo si fa per ratificare una cosa che già è stata fatta e che già i milanesi usano. E’ un ribaltamento completo dell’urbanistica: la città prima la fai, poi la pianifichi. In questo modo il sistema sceglie e premia le soluzioni vincenti, mentre quelle perdenti vengono provate e scartate a costo bassissimo – e soprattutto, senza lasciare sul territorio cicatrici come strutture inutili e abbandonate. Per il web funziona: publish, then filter. E’ più democratico e molto più efficiente.

Tecnologie semplici e a basso costo possono essere usate per sperimentare davvero tanti modi di usare le città, dai graffiti laser impermanenti sui grattacieli ai drive-in estemporanei (basta un muro di cemento, un parcheggio, un proiettore e un trasmettitore radio a bassa portata per l’audio, che viene trasmesso dalle autoradio delle macchine in sosta). Sarei curioso di provare questa soluzione a Milano. Quanto costerebbe? Un conto a spanne, basato sull’esperienza di Visioni Urbane mi dà un risultato oscillante dai 2 ai 20 milioni di euro a seconda del grado di riutilizzo di strutture esistenti versus interventi strutturali su edifici e spazi (ovviamente questo non comprende roba ad alto costo tipo gli scavi per la metropolitana). Si tratta di una cifra da 10.000 a 1.000 volte inferiore al budget stimato per l’Expo, che è di 20 miliardi.

Immagino un dibattito sulla città con la forma dell’hackup (ne ho parlato qui) : gente che si trova, decide una cosa che potrebbe servire e poi la fa, senza farsi troppe pippe. Se funziona bene, se non funziona nessun dramma, la smonti e passi all’idea successiva. I protagonisti naturali di questo dibattito sono le persone che da anni usano Milano in modo creativo: i ciclisti di Critical Mass, della Ciclofficina e del servizio di pony express “verde” Urban Bike Messengers; i runners che si allenano in parchi e viali; i gruppi di acquisto solidale, praticanti della filiera corta etc.; i gamers urbani di CriticalCity, che giocano a modificare e migliorare la città; la comunità del knitting, che usa i pub e i locali per ritrovarsi a lavorare di maglia e uncinetto; i ballerini di tango di Tango Illegal, che trasformano le piazze notturne in romantici club porteni (e le sottraggono agli spacciatori, altroché ronde); il movimento di M’illumino di meno per il risparmio energetico; gli hackers di Dorkbot Milano, che hanno una bella finestra sulle tecnologie low cost di cui sopra.

Se un dibattito di questo genere dovesse decollare davvero, per come conosco Milano si assisterebbe a un’esplosione di creatività. In pochi anni, e con poche risorse, si potrebbe davvero rivoltare completamente la città. Ne parleremo, credo, all’Expo2015Camp.