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Il ritorno della controcultura: i pionieri del web come partigiani

Tra gli eventi tecnologici a cui ho partecipato Reboot è il più vicino alla cultura internet originale. Radicalismo cognitivo, richiami allo yoga e allo zen, Djs, spazio giochi per i bambini, feste interrotte dall’arrivo della polizia (l’anno scorso): si sente benissimo l’origine controculturale della scena hacker. E i grandi vecchi come Dave Winer o David Weinberger (entrambi presenti: il secondo ieri ha affrontato con una passione quasi fisica il tema della moralità e della cyberutopia, nientemeno) hanno uno status simile a quello degli ex partigiani nell’Italia degli anni 60: hanno un prestigio indiscusso, sono circondati di grande affetto e rispetto, e in virtù di questo si possono permettere posizioni più radicali e innovative di chiunque altro. Non so se la mia generazione riuscirà a produrre pensatori altrettanto influenti in questa cultura. Non credo. Meglio tenerci stretti questi.

La Commissione Europea a Reboot?!?

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Quella tra Nadia El-Imam e Bror Salmelin è un’alleanza davvero improbabile. Lei è un’interaction designer, afro-svedese, ventottenne, radicata nella cultura hacker e diffidente verso le grandi burocrazie pubbliche; lui è un funzionario senior della Commissione Europea, finlandese, esperto di tecnologia (ha avuto un ruolo importante nella nascita del movimento Living Lab) e incardinato nell’istituzione. Nonostante parecchie difficoltà di linguaggio iniziali i due sono arrivati a capirsi (un po’) e a rispettarsi a vicenda, e insieme hanno messo in pista Future building for wikicrats, un’iniziativa davvero innovativa: invece di organizzare un proprio seminario a Bruxelles, la Commissione promuove un workshop all’interno di Reboot – che, per chi non lo conoscesse, è un evento della comunità hacker internazionale nato nel 1998, dove puoi incontrare gente come Howard Rheingold, Tim O’Reilly e Dave Winer. L’obiettivo del workshop è condividere un modo nuovo di pensare alla politica della tecnologia, che prenda il meglio della cultura della governance (accountability, imparzialità, inclusività, orientamento all’interesse pubblico) e di quella hacker (condivisione, trasparenza radicale, meritocrazia, autonomia).

Le persone invitate con qualche eccezione, non sono esperti di politiche per la tecnologia. Sono gente proprio come voi e me, che crea o usa la tecnologia; sono molto diversi tra loro per cultura, vissuto, mestiere e interessi. Sono anche persone interessanti. Gianluca Dettori fa il venture capitalist; Robin Chase fa impresa nel campo dei trasporti; Amelia Andersdotter è una figura di spicco del Partito Pirata svedese; Elvira Berlingieri è un’esperta di diritto digitale; io dovrei rappresentare il mondo della creatività (hai detto niente); Freek van Krevel lavora alla Commissione, e insieme a David Osimo è l’unico che fa l’esperto di politiche della tecnologia di mestiere.

La cosa che mi aspetto che succeda è che, interagendo in un contesto informato a valori condivisi, queste persone acquisiscano nuove metafore (Dante parlerebbe di “figure”) per pensare alle politiche della tecnologia attraverso le donne e gli uomini che la fanno e che la subiscono. I funzionari pubblici dicono “l’impresa innovativa”, e pensano a modelli economici impastati di retorica neoliberale. Questi modelli sono molto diversi dalle persone che fanno impresa, e conoscere Robin e Gianluca può aiutare a temperarli, approfondiri o scartarli completamente. Allo stesso modo, molti hackers pensano agli “eurocrati”, come a una specie di orchi grigi ossessionati dalla curvatura delle banane; e non hanno idea dei veri interessi e delle spinte ideali di Bror o di Freek. I partecipanti a FBFW possono servire da figura (dantesca) dei diversi stakeholders gli uni per gli altri: l’approccio “personale” del seminario aiuta a fare questo, e spero davvero che promuova la comprensione reciproca tra gli stakeholders della politica per la tecnologia.

Conoscendo un po’ lo stile compassato della Commissione Europea è veramente un bel salto culturale. Vedremo come andrà. Per ora: brava Nadia, bravo Bror. Di questa roba IMHO si sente molto il bisogno.

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OMG! The European Commission@Reboot?!?

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That between Nadia El-Imam and Bror Salmelin is a really unlikely alliance. She’s an Afro-Swedish interaction designer in her 20s, rooted in the hacker culture and suspicious towards large public bureaucracies; he is a Finnish senior officer at the European Commission in his 50s, technology expert (he had an important role in the birth of the Living Lab movement) and with a very institutional role. Despite many language differences, the two managed to understand (somewhat) and respect each other, and together they conceived and deployed Future building for wikicrats, a really innovative initiative: rather than setting up their own Brussels event, the Commission launched a workshop within Reboot – that, for people unfamiliar with it, is an event of the international hacker community started in 1998, where you can rub shoulders with people like Howard Rheingold, Tim O’Reilly and Dave Winer. The workshop’s goal is to share a new way of thinking about technology policy, that takes the best from both the governance culture (accuntability, impartiality, inclusivity, orientation towards the common good) and the hacker culture (sharing. radical transparency, meritocracy, autonomy).

They invited people that, with a few exceptions, are not technology policy experts. They are people just like you and me, who create or use technology; they are very diverse for culture, personal history, profession and interests. They are also interesting people. Gianluca Dettori is a venture capitalist; Robin Chase is an entrepreneur interested in transport; Amelia Andersdotter is a key figure in the Swedish Pirate Party; Elvira Berlingieri is a digital law expert; I should be speaking for the creative world (pretty tall assignment); Freek van Krevel works at the Commission, and together with David Osimo he is only professional technology policy expert.

I expect that, interacting within a context of shared values, these people acquire new metaphors to think about tech policy through the people who do it and who are impacted by it. Civil servants say “hi-tech firms”, and they think of Economics 101 models mashed with neoliberal rhethoric; well, these models are light-years distant from the people who actually build companies, and interacting with Robin and Gianluca might help amending, deepening or downright discarding them. Similiarly, many hackers think of “Eurocrats” as some kind of grey trolls obsessed with the shapes of bananas; and they have no idea of the real interest and – yes – ideals of people like Bror and Freek. Participants to FBFW can act as personae for each other. Its personal approach should help this, and I really hope it could enhance mutual understanding across tech policy stakeholders.

Knowing a little the stiff-upper-lip style favoured oy the European Commission, this is really a giant cultural leap. We’ll see how it goes. For now: kudos Nadia and Bror. We need more stuff like this IMHO.

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