In una vita precedente facevo il musicista rock, e ricordo bene l’interesse professionale con cui il mio ambiente di lavoro accolse XL, e prima ancora il suo antesignano, Musica. La stampa musicale italiana (tipo Il Mucchio o Buscadero, non so se esistano ancora) metteva la band di cui facevo parte allora in una situazione imbarazzante: vendevamo molti più CD noi di quante copie vendessero loro, e quindi non era chiaro chi stesse promuovendo chi. Ma Musica prima e XL poi significavano Repubblica: una vera corazzata editoriale, che prometteva numeri molto diversi da quelli delle riviste di settore. A ogni uscita, tutti gli artisti italiani stavano molto attenti a presidiare il musicale di Repubblica. Negli anni, queste riviste si sono occupate anche dei miei progetti musicali.
XL chiude – più esattamente, scompare la rivista di carta, mentre sopravvive il sito. La tempesta perfetta digitale, la crisi dei modelli editoriali tradizionali, eccetera. Io questo lo so perché di recente ho rilasciato un’intervista a Paolo Campana (io lo conosco come blogger, ma è anche giornalista) che è finita proprio sull’ultimo numero di XL. La copertina mostra Lou Reed, e annuncia che “Il rock è morto”. Alla mia intervista hanno dato il titolo “Per cambiare il mondo il rock non basta più”.
Niente di nuovo, certo. Stiamo parlando di mutamenti sociali che tutti avvertiamo, e che per me sono stati così urgenti e profondi da spingermi a cambiare completamente vita, come ho scritto nell’introduzione a Wikicrazia. Ma la coincidenza mi tocca il cuore. Torno con una nuova veste su una testata che anni fa parlava della mia musica; ci torno per dire “non è più tempo di occuparsi di questa roba”; e nello stesso numero quella testata alza bandiera bianca e si trasferisce sul web. Mi è venuto in mente che sono stato molto, molto fortunato: ho accompagnato l’onda della musica ribelle dei 90, in un momento in cui il mondo, e in particolare l’Italia, sembravano cambiare per il meglio (ricordate?); poi ho avvertito la fine di quella stagione, e mi sono avventurato sull’Internet sociale, riprendendo i miei studi di economia per arrivare alle scienze della complessità. Più di vent’anni dopo Riportando tutto a casa ho idee confuse e poche certezze, ma non mi sento (ancora) completamente smarrito e future shocked, né mi sono (ancora) ridotto alla nostalgia e al “come eravamo”. Davvero, alla mezza età non potrei chiedere di più.