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I dubbi del dittatore

Sono appena tornato dalla Tunisia, un paese iscritto alla lista nera della censura di internet. Il paese ha un unico punto di ingresso per i dati, da cui poi i provider comprano e ridistruibuiscono banda, e questo permette al governo di filtrare la rete.

Ma filtrare come? Censurare comporta delle scelte. In Tunisia sono oscurati i siti degli oppositori politici dell’attuale governo, come Tunisnews o Tunisia Watch, e i siti delle ONG come Amnesty International, Reporters Sans Frontières, la Commissione Islamica per i diritti umani – il che dispiace ma non sorprende; alcuni social networks, in particolare YouTube e Flickr; gli anonimizzatori di navigazione.

Per contro, Facebook è stato bloccato per un breve periodo nel 2008, ma poi sbloccato su richiesta del Presidente in persona. Twitter si vede. Nessun problema per i siti di informazione giornalistica, come BBC o Repubblica, e nemmeno per Wikipedia (compresa la pagina che tratta della censura su Internet in Tunisia). Il filtraggio avviene attraverso un software commerciale, SmartFilter della società americana Secure Computing, gruppo McAfee (ricordarsene la prossima volta che acquistate un filtro antispam). L’aggeggio ti prende pure in giro, sostituendo l’errore 403 (non sei autorizzato a vedere questa pagina) con un pù rassicurante 404 (non trovato), che però su youtube.com è francamente ridicolo.

Immagino che ci sia un funzionario, al Ministero dell’informazione tunisino, che deve scegliere cosa si può vedere e cosa no. Me lo figuro nell’atto di ricercare incessantemente siti potenzialmente pericolosi e decidere quali sono quelli da nascondere ai suoi connazionali. Repubblica? Calendari sexy, pallone, politica italiana, qui non c’è problema. Twitter? Pericoloso, ma quasi impossibile da bloccare, visto che l’accesso alle API permette a chiunque di ridistribuire i suoi contenuti attraverso altri siti. Facebook? A rischio, ma mica possiamo lasciare i turisti francesi senza Facebook.

Vista in questo modo, la censura di internet in Tunisia sembra un’impresa che non ha molte probabilità di essere efficace. Troppi buchi, troppi compromessi da fare; lo stesso governo è troppo consapevole dei vantaggi economici e sociali dell’accesso alla Grande Rete, e infatti l’infrastruttura per la banda larga in Tunisia è una delle migliori in Africa. Più efficace è probabilmente il senso che “il Grande Fratello ti sta guardando” convogliato da pagine come questa: e infatti è obbligatorio per i service providers collaborare con il governo nel monitorare l’uso della rete. In alcune regioni si arriva perfino a identificare le persone che usano gli internet cafe (ma guarda, come in Italia!). Ma anche così, se rete e governo dovessero arrivare ai ferri corti, io punterei il mio denaro sulla rete.