30 aprile 2008. Il viceministro delle Finanze Vincenzo Visco pubblica i redditi relativi al 2005 di tutti contribuenti italiani sul sito web dell’Agenzia delle entrate1. Immediatamente i media, ma anche i cittadini comuni, si mettono a pubblicare selezioni di quei dati. Quanto guadagnano i divi della televisione, gli sportivi, i politici? Quanto denunciano il dentista, l’artigiano, il vicino di casa che ha appena comprato il SUV? Ne segue una polemica molto accesa. Le associazioni dei consumatori chiedono – e ottengono – dal garante della privacy la sospensione del provvedimento, che avviene il giorno stesso in via provvisoria. Nonostante Visco difenda la sua decisione, il 6 maggio il garante rende definitivo il provvedimento2. Due giorni dopo il direttore dell’Agenzia delle entrate viene iscritto nel registro degli indagati per violazione della legge sulla privacy3.
Questa storia ha due risvolti paradossali. La prima è che le dichiarazioni dei redditi sono pubbliche. Una legge del 1973 stabilisce il principio di trasparenza e l’obbligo di pubblicazione dei dati fiscali. Chiunque ha il diritto di recarsi in un ufficio comunale e chiedere di vedere il mio modello Unico. Di fatto, da decenni alcuni quotidiani come Il Resto del Carlino o La Nazione pubblicano sulle pagine locali articoli sui maggiori contribuenti di Sassuolo, chi guadagna di più e chi di meno tra i politici di Faenza e così via. Il garante ritiene però che la trasparenza possa essere troppa: la pubblicità completa, immediata e gratuita, con la possibilità di generare confronti e classifiche con un semplice clic, è troppo trasparente4. Al di là delle tecnicalità legali, questa posizione ha qualcosa di ipocrita: io trovo difficile non essere d’accordo con la posizione opposta, espressa da diversi bloggers, secondo cui nel 2008 “pubblico” vuol dire accessibile dal web.
Il secondo risvolto paradossale è che la decisione del garante risulta inattuabile. È troppo tardi: i dati sono stati pubblicati in formato scaricabile, e centinaia – se non migliaia – di persone li hanno già scaricati e ricaricati su server diversi da quelli dell’Agenzia delle entrate. Nei giorni successivi, quindi, le indiscrezioni sui redditi degli italiani si moltiplicano, alimentati anche dalla schermaglia tra il viceministro e il garante. A peggiorare le cose, non c’è nessuna garanzia che i dati che circolano in rete siano quelli corretti: nulla impedisce a chi li ha scaricati di ritoccarli prima di ricaricare il file su un server alle Cayman, mettendo così in circolazione dati adulterati. La decisione del garante ha fatto venire meno la possibilità di rifarsi al dato ufficiale. La confusione dilaga. Il blogger Alberto Falossi, tra i primi a dare la notizia (il suo blog passa da cento a centomila contatti tra l’1 e il 2 maggio 2008), documenta l’attività frenetica di scambio dei files relativi ai diversi uffici dell’Agenzia delle entrate: una delle lettrici del blog arriva perfino a lasciare un commento in cui si offre per una cena romantica in cambio dei dati della provincia di Massa e Carrara5.
La morale di questa storia è triplice. Da una parte ci dice che la trasparenza non è come un interruttore, che può essere sulle posizioni “acceso” o “spento”: è come un bicchiere che può essere riempito quanto si vuole, solo qualche goccia o fino all’orlo, con tutte le sfumature intermedie. Tutti sono ovviamente a favore della trasparenza, ma non tutti sono d’accordo su quale sia il grado di trasparenza giusto. Da un’altra parte essa ci dice che la facilità di accesso a cui internet ci ha abituati produce trasparenza: la produce in un grado talmente elevato da essere, a volte, terrificante. Lasciato a se stesso, un sistema che si compone di un gran numero di umani in rete tende a gravitare verso la trasparenza totale. Infine, questa storia ci dice che contrastare questa tendenza alla trasparenza è estremamente difficile, e può essere controproducente: se le persone non hanno a disposizione informazioni attendibili potrebbero lasciarsi sedurre da quelle false.
La tendenza di internet alla trasparenza radicale pone alle politiche pubbliche una sfida. Come rispondere? Una risposta possibile – ma debole e tendenzialmente perdente – è quella di cercare di rimettere il coperchio al vaso di Pandora: questa è stata la strada scelta dal governo italiano dopo le polemiche del maggio 20086. Per una risposta di tipo diverso, che tenti di usare questa tendenza come una forza positiva, rivolgiamo ancora una volta la nostra attenzione a ciò che avviene nel Regno Unito.
Dossier digitali per capire il dibattito
Celia Barlow è nata a Cardiff nel 1955. Dopo avere lavorato come giornalista, si è data alla politica attiva, crescendo all’ombra di Ian Pearson, uomo politico vicino a Gordon Brown e più volte ministro. Nel 2005 è stata eletta al parlamento inglese per rappresentare il collegio di Hove, nel sud-est dell’Inghilterra. Da quel momento a quello in cui scrivo (agosto 2009) ha espresso un voto per 908 votazioni sulle 1.113 della legislatura; in 5 di questi casi ha votato contro il suo partito, quello laburista; ha preso la parola 15 volte; ha ricevuto dal governo 9 risposte a sue domande scritte (simili alle nostre interrogazioni parlamentari); fa parte di due commissioni, e non ne presiede nessuna. È stata in visita ufficiale all’estero una sola volta, in Vietnam, dal 24 al 26 maggio 2009, come membro di una delegazione del parlamento. I costi della visita sono stati coperti dall’Assemblea nazionale del Vietnam, dalla Central Lancashire University e da uno sponsor, Central Oil. Nell’anno parlamentare 2007/2008, l’ultimo per cui si hanno registrazioni complete, ha ricevuto 134.309 sterline come rimborso spese, di cui 86.070 per pagare i suoi collaboratori. Possiede una villa a Wittering e una casa a schiera a Londra, entrambe affittate. La signora Barlow è fortemente a favore dell’introduzione di una legge antifumo, delle carte di identità, del pacchetto antiterrorismo del partito laburista e dell’eguagliana di diritti per le coppie gay; moderatamente a favore degli interventi per bloccare il cambiamento climatico; fortemente contraria a un’inchiesta nel coinvolgimento britannico nella guerra in Iraq7.
Io queste cose le so non perché sia un acuto osservatore della politica britannica, ma perché le leggo su Theyworkforyou, un sito molto completo di monitoraggio dell’attività parlamentare britannica. Inserendo il proprio codice postale i cittadini risalgono al deputato che li rappresenta, e un semplice clic dà accesso a pagine e pagine di informazioni circa le sue attività, compresi i discorsi pronunciati, le presenze, i voti espressi, la percentuale delle volte in cui il suo voto si è discostato da quello del suo partito, i rimborsi spese, i viaggi in rappresentanza. Sono veri e propri dossier digitali, che permettono di tenere traccia delle attività di ciascun singolo deputato.
Theyworkforyou è il progetto più importante di Mysociety, la nonprofit britannica che ha ideato e realizzato molti progetti di questo tipo. Viene costruito da volontari e lanciato nel 2004. Il cuore del sistema è costituito da una serie di programmi che aggregano i verbali del parlamento e altre fonti in – appunto – dossier digitali che riguardano i singoli parlamentari ma anche i dipartimenti del governo (equivalenti ai nostri ministeri), i partiti, i singoli temi di discussione (per esempio le pari opportunità o la guerra in Iraq)8. I lettori del sito possono annotare i discorsi dei parlamentari, e i loro commenti sono visibili a tutti. L’integrazione con un altro sito di Mysociety, WritetoyourMP (cioè “scrivi al tuo rappresentante in Parlamento”) permette di segnalare al parlamentare il proprio appoggio o dissenso. È perfino possibile iscriversi per ricevere gli aggiornamenti sulle attività dei singoli parlamentari, o su quelle che riguardano i temi che ci interessano: si immette nel sistema una parola o una frase (per esempio un luogo, tipo “Kent”, o un argomento, tipo “auto a energia solare”), e il sito invia una notifica e-mail tutte le volte che essa viene pronunciata in Parlamento. Theyworkforyou diventa così un grande esercizio di quella che i britannici chiamano accountability: in breve, un modo per rendere immediatamente visibile l’operato dei rappresentanti eletti dal popolo.
Gli ideatori di Theyworkforyou, chiaramente, hanno imparato per tempo le lezioni impartite dai fatti del 2008 al garante della privacy italiano. La trasparenza è una questione di gradi, e internet serve ad aumentare il grado di trasparenza dell’attività del parlamento: naturalmente gli atti dei parlamenti dei paesi democratici sono pubblici, ma c’è pubblico e pubblico. Il parlamento italiano li pubblica in formato PDF e HTML, indicizzati solo in base alla data della seduta9. L’unico modo per trovare a colpo sicuro una discussione che ci interessa è conoscere la data in cui essa si è svolta; e la ricostruzione del dibattito generale su quel tema, che naturalmente si snoda negli anni attraverso diverse sedute, non è possibile se non manualmente. Il materiale organizzato in questo modo è molto meno accessibile di quello disponibile su Theyworkforyou, ricercabile per parola chiave o per parlamentare. Di fatto, i parlamentari britannici operano sotto uno scrutinio costante da parte dei cittadini che nella maggior parte degli altri paesi è impossibile, se non a costi proibitivi. L’integrazione con gli atti del parlamento – la fonte più ammantata di sacralità democratica che si possa immaginare – garantisce che l’informazione che si trova sul sito sia corretta.
Nonostante la grande consapevolezza nell’usare il mezzo internet, Theyworkforyou non è perfetto. Il suo stesso successo ha rischiato di vanificarne gli intenti di contributo alla razionalità e alla qualità del dibattito politico britannico. Nel 2006 era diventato evidente che alcuni parlamentari di secondo piano intervenivano in aula con discorsi brevi e irrilevanti al solo scopo di salire nella classifica dei parlamentari più attivi generata dal sito. Dopo un’inchiesta del Times in merito, Mysociety ha deciso di reagire e ha eliminato la classifica di chi partecipa a più voti e pronuncia più discorsi: ora le pagine personali dei parlamentari riportano che “Celia Barlow ha preso la parola in 15 dibattiti l’anno scorso – sotto la media dei parlamentari”. Inoltre ha disseminato il sito di inviti a andare oltre i numeri – come questo:
Detto semplicemente, ci rendiamo conto che il numero di dibattiti a cui partecipano significa poco in termini del vero valore di un deputato. I deputati fanno molte cose utili che non contiamo ancora, e alcune che non potremo mai contare. E anche se lo facessimo, un conteggio non misura la qualità […] Il nostro consiglio: se vuoi valutare il tuo deputato, leggi i suoi discorsi, guarda il suo sito web, se puoi vai a una riunione e fagli una domanda. Usa Theyworkforyou come un punto di ingresso, non come un posto dove trovare numeri che misurano la competenza.10
Segui il denaro
Theyworkforyou sfrutta molto bene il meccanismo tecnico e sociale con cui internet ha, storicamente, prodotto trasparenza: rendere i dati facili all’accesso e alla riaggregazione attira all’esame di quei dati molte persone che prima trovavano impossibile o costoso farlo, e risolve almeno in parte la crisi di attenzione. Queste persone poi prendono gusto al gioco, e cominciano a chiedere sempre maggiore trasparenza. Un processo simile è avvenuto nel caso del sito farmsubsidy.org, fondato dal danese Nils Mulvad e dal britannico Jack Thurston. Si tratta anche qui di un database ricercabile online, che aggrega tutti i sussidi pagati agli agricoltori europei in base alla politica agricola comune. Le argomentazioni di Mulvad e Thurston in favore di una maggiore trasparenza in questo campo sono difficili da controbattere. Eccole:
I sussidi pagati agli agricoltori e ad altri soggetti sotto la politica agricola comune dell’Unione Europea ammontano a circa 55 miliardi di euro all’anno, oltre il 40% del bilancio dell’Unione o circa 100 euro per ciascun cittadino europeo. […] L’obiettivo è ottenere dati dettagliati sui sussidi agricoli in tutti gli stati dell’Unione e renderli disponibili ai cittadini europei in un modo che sia loro utile.
Come per Theyworkforyou, una volta convertiti le centinaia di migliaia di singoli pagamenti in un database ben organizzato, diventa semplicissimo aggregarli in una forma intuitiva per i cittadini. Personalmente trovo fulminanti le pagine di riepilogo nazionale di Farmsubsidy. Quella dell’Italia11, relativa ai dati del 2007, ci informa che
- la PAC ci costa 6,732 miliardi di euro all’anno, o 113 euro per ciascun cittadino.
- a fronte di questo contributo, l’UE eroga sussidi per 5,796 miliardi a aziende agricole in territorio italiano. Questo corrisponde a 5.905 euro per ciascun lavoratore del settore agricolo, o 3,352 euro per azienda, o 394 euro per ettaro. L’Italia è quindi un donatore netto: dà alla PAC più di quanto riceve.
- il 66% della spesa è costituito da sussidi diretti; il 17% da politiche di sviluppo rurale; l’1% da sussidi all’esportazione.
- il 69% dei sussidi viene pagato al 10% delle aziende agricole; l’82% al 20%. I benefici della PAC sono quindi, nel nostro paese, piuttosto concentrati su una piccola quota di imprese. Gli stessi numeri sono, per i paesi del sud Europa, molto più bassi: rispettivamente 51% e 69% per la Grecia, 36% e 54% per la Spagna, 37% e 47% per la Francia.
- l’indice di trasparenza dell’Italia nel garantire accesso ai dati è del 49%, circa a metà strada tra la Svezia, prima con il 92%, e la Grecia e Malta, ultime con il 25%. Siamo il dodicesimo paese in ordine di trasparenza.
La cosa che salta immediatamente agli occhi è che, in questo caso, i dati numerici contengono informazioni rilevanti in sé. Il numero di interventi pronunciati dai parlamentari in Theyworkforyou è un indicatore molto debole della loro performance, che invece dipende moltissimo dalla qualità e dall’impatto degli interventi stessi. In Farmsubsidy, invece, i dati grezzi sono pagamenti in denaro, e quindi contengono informazioni di qualità alta. Per esempio, la concentrazione dei sussidi agricoli in una quota piuttosto piccola di imprese che caratterizza l’Italia richiede un’interpretazione. È fisiologica, in quanto riflette la presenza di poche grandi imprese che coltivano superfici ingenti? È una distorsione, visto che il senso della PAC è quello di preservare la cultura e lo stile di vita dell’Europa rurale e la cura del paesaggio, e quindi è pensata per i piccoli coltivatori? In ogni caso il dato costituisce un materiale importante per la comprensione e il dibattito.
Dove Farmsubsidy dà il meglio di sé, però, è nelle ricerche. Il motore di ricerca consente di accedere ai dati sui sussidi agricoli pagati in una certa area (per esempio Modena) o a un singolo beneficiario. Questo rende molto più semplice individuare eventuali anomalie: nella prima newsletter inviata agli utenti del sito (2007) Mulvad e Thurston osservano che
> Nel Regno Unito, l’Agenzia per i pagamenti rurali non ha reso disponibili i dati disaggregati per le singole misure di sostegno agli agricoltori, lasciando i cittadini all’oscuro del motivo per cui la Regina ha ricevuto 356.547 sterline per la sua tenuta di Sandringham nel 2004/2005, o il gigante dell’industria alimentare Nestlé ha ricevuto 5.374.988 sterline.12
Forte di una base di utenza numerosa e in crescita — e dell’appoggio di alcune associazioni di agricoltori come la francese Confédération Paysanne, che rappresenta i piccoli agricoltori e cerca di ottenere un’applicazione della PAC più favorevole a questi ultimi e meno all’industria alimentare — il gruppo di Farmsubsidy chiede con insistenza a tutti i paesi europei un grado di accesso ai dati sempre maggiore. Non appena i dati diventano disponibili, i giornalisti specializzati, molti dei quali fanno parte della rete di Farmsubsidy, li vagliano alla ricerca di notizie nascoste tra i numeri. Il giornalista polacco Andrzej Krajewski, dopo una lotta legale durata due anni, riesce a ottenere il rilascio dei dati relativi al suo paese nel 2007: immediatamente il riassume in un’inchiesta pubblicata sul quotidiano Gazeta Wyborcza. Ne risulta che, dei dieci maggiori beneficiari della PAC in Polonia, la maggior parte sono aziende agricole straniere. Solo uno dei dieci è un agricoltore: si tratta dell’ex senatore Henryk Stoklosa, che in quel periodo risulta latitante a fronte di un mandato di arresto per corruzione ed evasione fiscale13!
Pur in modo accidentato ed esitante, il cammino verso una maggiore trasparenza della PAC continua. Una direttiva europea del 2008 vincola tutti gli stati membri a rendere i dati disponibili nel 2009. Mulvad e Thurston hanno rilanciato, aprendo il sito gemello Fishsubsidy14http://fishsubsidy.org/– dedicato ai sussidi europei erogati ai pescatori – e lanciando l’iniziativa madre FollowTheMoney15, che mira alla trasparenza totale del bilancio dell’Unione europea.
Trasparenza per ricostruire un quadro di insieme
I casi di Theyworkforyou e Farmsubsidy sono molto efficaci nel sottolineare il contributo positivo della trasparenza alla progettazione di politiche pubbliche wiki. Questi siti si basano su basi dati il più possibile disaggregate (il singolo intervento in parlamento invece del verbale dell’intera seduta; il singolo pagamento effettuato nell’ambito della PAC invece della spesa aggregata annuale), che vengono poi interrogate per generare statistiche, confronti internazionali, diagrammi a torta, indicatori di tendenza. Le informazioni annidate nei database governativi vengono sbloccate e rese leggibili al pubblico, che può utilizzarle per partecipare al dibattito politico. Questa ritrovata leggibilità contribuisce ad alleviare la crisi di attenzione di cui ho scritto nel capitolo 1. Ed è tanto più necessaria quanto più è sostanzialmente impossibile comprendere gli effetti di una politica complessa come la PAC leggendo i provvedimenti legislativi in merito: quale che sia stata l’ispirazione originaria del legislatore, ormai è sepolta sotto strati multipli di regolamenti attuativi, oltretutto diversi in ciascuno dei 27 paesi che partecipano alla PAC. Impossibile ricostruire un quadro di insieme leggendo la normativa, a meno di avere a disposizione tempo illimitato e competenze giuridiche in 27 sistemi legali.
I dati, invece, se letti con intelligenza, una storia la raccontano. E la storia, secondo quanto ha dichiarato Thurston al canale televisivo britannico Channel 4, è questa:
[Una parte importante di] questo denaro va a persone per cui l’agricoltura non è la fonte di reddito principale. Questa è la storia che continua a saltare fuori quando guardiamo i dati: la maggior parte dei soldi va a grandi imprese e ricchi proprietari.16
Questa è una visione di insieme chiara e potente. La PAC, nata all’inizio degli anni Sessanta per sostenere lo stile di vita rurale dei piccoli agricoltori europei (soprattutto francesi), ha finito per essere catturata dalle grandi imprese e da proprietari assenteisti. E tutto questo è avvenuto più a colpi di allegati tecnici e regolamenti attuativi che in seguito a un vero dibattito pubblico. Senza il lavoro di Farmsubsidy, a sua volta reso possibile dalla crescente disponibilità di dati disaggregati, questa visione non sarebbe stata possibile. Il contributo principale della trasparenza alle politiche wiki consiste proprio nel permettere la mobilitazione dell’intelligenza collettiva per leggere e rileggere i dati disponibili. La rete ci offre una gigantesca radiografia delle politiche pubbliche nella nostra società – una radiografia chiara, semplice, accessibile. Osservandola, discutendone, sarà più semplice per l’opinione pubblica giungere a una diagnosi condivisa del problema che si sta affrontando.
Tre mosse per la trasparenza
Per facilitare questo processo di rilettura continua, chi progetta politiche pubbliche wiki dovrebbe incorporare meccanismi che favoriscano la trasparenza fin dalle primissime fasi. Uno di questi meccanismi, che è stato usato anche per Kublai, è la pubblicazione dei materiali prodotti dalle pubbliche amministrazioni con licenza Creative Commons: è un sistema di tutela della proprietà intellettuale che consente la sua libera riproduzione e circolazione in rete e fuori. Questo significa che i materiali possono venire scaricati, citati, integrati; i dati possono essere rielaborati in qualunque modo, e i risultati di queste elaborazioni possono venire pubblicati. Tutto questo è assolutamente legale, purché chi remixa i materiali ne citi la fonte. Utilizzare licenze Creative Commons è un modo per incoraggiare le persone ad appropriarsi dei materiali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e riutilizzarli; è anche un modo di costruire fiducia, perché implica la rinuncia ad esercitare una censura sul modo in cui i materiali stessi verranno usati. Dal 2008 ho iniziato a chiedere che tutti i miei contratti di lavoro con il settore pubblico includano una clausola per cui i materiali che produco verranno pubblicati con licenza Creative Commons. Anche questo libro utilizza la stessa formula.
Oltre che legale, l’utilizzo dei dati dovrebbe essere anche semplice. È bene rendere i materiali facili da trovare e scaricabili nel formato preferito da chi li usa. Un sistema sempre molto popolare è quello dell’abbonamento alle notifiche e-mail. Theyworkforyou, per esempio, permette agli utenti di ricevere aggiornamenti via e-mail ogniqualvolta prende la parola un certo parlamentare, o quando in aula si pronuncia una certa parola o frase. Ogni giorno Theyworkforyou manda molte più notifiche e-mail di quante siano le visite al sito. Per chi preferisca il monitoraggio attraverso il web, le stesse notifiche sono disponibili con un sistema che si chiama RSS (Really Simple Syndication): una speciale pagina web, che viene aggiornata man mano che dalle sorgenti arrivano nuove informazioni17.
Il livello avanzato di trasparenza delle politiche wiki è naturalmente quello di pubblicare i dati in modo rapido, esauriente e in formati che ne rendano immediata la rielaborazione. Questo può essere fatto includendo nel proprio sistema dei programmi chiamati API: si tratta di interfacce che consentono a programmi esterni (per esempio, residenti su altri siti) di usare le basi dati interne. Theyworkforyou, Farmsubsidy e gli altri siti di questo tipo hanno prodotto o stanno producendo API e linee guida per consentire ai programmatori esterni di usare al meglio i propri dati.
Trasparenza come occasione: la presidenza Obama
Al momento in cui scrivo (settembre 2009) non c’è dubbio che l’amministrazione che con più convinzione al mondo ha abbracciato la trasparenza radicale come occasione sia la presidenza degli Stati Uniti d’America. Barack Obama è forse il leader wiki per eccellenza: già da candidato aveva pubblicamente lodato l’approccio di Peer-to-Patent, uno dei primi e meglio riusciti esempi di politiche wiki. Dopo l’elezione nel novembre 2008 e nell’attesa di insediarsi alla Casa Bianca, il presidente eletto Obama lancia change.gov, il “sito della transizione aperta”: decine di migliaia di cittadini lo usano per partecipare alla discussione sulle politiche che il nuovo presidente intraprenderà.
Il giorno stesso in cui assume i pieni poteri, il presidente pubblica un memorandum indirizzato ai capi dei dipartimenti esecutivi e delle agenzie del governo federale il cui oggetto è “Trasparenza e apertura del governo”. È una pagina in tutto, e comincia così:
La mia amministrazione si è impegnata a creare un livello di apertura senza precedenti nel governo. Lavoreremo insieme per assicurarci la fiducia del pubblico e stabilire un sistema di trasparenza, partecipazione dei cittadini e collaborazione. L’apertura rafforzerà la nostra democrazia e l’efficacia dell’azione di governo. […]
La mia amministrazione prenderà misure appropriate […] per rivelare le informazioni rapidamente e in modo che il pubblico possa trovarle e usarle con facilità. I dipartimenti esecutivi e le agenzie devono sfruttare le nuove tecnologie per mettere online le informazioni sulle proprie attività e le proprie decisioni e renderle rapidamente disponibili al pubblico. I dipartimenti esecutivi e le agenzie dovrebbero anche sollecitare il contributo del pubblico per identificare quali sono le informazioni più utili.18
Il memorandum sembra essere stato preso sul serio dal resto dell’amministrazione e dalla macchina federale. Per fare solo un esempio, il Recovery Act per il rilancio dell’economia dopo la recessione del 2008 rende disponibili fondi molto consistenti: 787 miliardi di dollari (per dare un termine di paragone, il pacchetto di stimolo antirecessione in Italia stanzia circa 4 miliardi di dollari). Per poterli spendere, però, i dipartimenti e le agenzie federali devono dare pubblicità ai dati secondo modalità molto rigide: in particolare, ogni singolo pagamento deve essere accessibile individualmente, e tutti i dati devono essere accessibili via RSS. Le istruzioni per la compilazione dei database non lasciano spazio ad ambiguità: il beneficiario, l’amministrazione che eroga il sussidio e la misura a norma della quale viene erogato vengono identificati con grande precisione e formattati in modo che siano leggibili ed elaborabili da qualunque computer19.
Tutti questi dati vengono poi resi disponibili dal sito recovery.gov, una sorta di Farmsubsidy governativo. Il presidente di recovery.org, Earl Devaney, usa un linguaggio insolitamente franco:
Parte del vostro denaro sarà di sicuro gestita male, rubata o sprecata, ma ci stiamo impegnando a minimizzarne, per quanto possibile, il cattivo uso. […] Man mano che i dati cominciano ad arrivare, sarete in grado di vederne il meglio e il peggio. Quanto denaro ha ricevuto un singolo beneficiario? Potrete saperlo. Quanti fondi sono arrivati alla direzione didattica della vostra città, e come li ha spesi? Potrete saperlo. Potete stare certi che alcune delle cose che pubblicheremo non piaceranno ad alcuni pubblici ufficiali. Così sia. Una parte della spesa avrà senso, una parte no, ma tutto sarà sul sito, e potrete analizzarlo.20
Trasparenza come conquista
Concludo il capitolo con un avvertimento. È vero che l’interazione sociale in internet tende alla trasparenza radicale, ma questa tendenza, da sola, non garantisce la pubblicità delle informazioni, né tantomeno assicura che queste alimentino il dibattito in modo intelligente e costruttivo. Dalla trasparenza al gossip, il passo rischia di essere breve. Dovremmo essere molto consapevoli che la retorica della trasparenza viene usata anche dai media scandalistici, e che i risultati straordinari ottenuti da Theyworkforyou e Farmsubsidy nel gettare luce sulle politiche pubbliche hanno molto a che fare con la tradizione di sobrietà e amore per la verità che il giornalismo di fascia alta ha nel Regno Unito. Una strategia di trasparenza efficace va conquistata, non affidata alle dinamiche della rete, e il rilascio di dati è solo una delle sue componenti. L’altra è la creazione di un clima di fiducia, che sarà l’argomento dei prossimi capitoli.
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Note
2 http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/economia/redditi-online/redditi-online/redditi-online.html
3 http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/economia/redditi-online/indagato-direttore/indagato-direttore.html
4 Il presidente di un’associazione di consumatori sosterrà che “nel caso dei redditi online è stata confusa la pubblicità delle denunce, che nessuno mette in dubbio, con la loro accessibilità, cosa ben diversa”. http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/economia/redditi-online/polemiche-redditi/polemiche-redditi.html
5 http://www.albertofalossi.com/?tag=/dichiarazione+dei+redditi. Devo la segnalazione a Luca Perugini.
6 Il riferimento è al decreto legge 112 del 2008, un provvedimento omnibus conosciuto dalle cronache del tempo come la manovra del neonato governo Berlusconi e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 2008. L’articolo 42 modifica – in senso restrittivo – una precedente legge del 1973 che stabiliva l’obbligo di pubblicità dei dati fiscali dei contribuenti. “In pratica l’accesso non sarà più consentito a tutti, ma soltanto a coloro che hanno un interesse a conoscere il reddito di uno o più soggetti, ad esempio per difendere un proprio diritto in giudizio” secondo il giurista Ernesto Belisario. Lo stesso articolo istituisce una sanzione piuttosto severa (dai cinque ai novantamila euro) per la divulgazione non autorizzata dei dati. http://blog.ernestobelisario.eu/2008/06/25/accesso-agli-elenchi-dei-contribuenti-cambiano-le-regole/
7 http://www.theyworkforyou.com/mp/celia_barlow/hove
8 Dal punto di vista tecnico, i files testuali dei verbali parlamentari vengono convertiti in un formato detto XML, che è leggibile da un computer. “Leggibile” in questo contesto vuol dire che il computer è in grado di capire a cosa si riferiscono le stringhe di testo: per esempio, è in grado di distinguere il cognome “Rossi” dall’aggettivo qualificativo “rossi”. I files XML vengono generati da un programma che legge il file degli atti parlamentari e assegna un codice unico a ciascun parlamentare: ogni volta che incontra un paragrafo al cui inizio si trovano espressioni come “Mario Rossi dice” o “Laura Ferrari fa notare” genera una entry del database (a cui possiamo pensare come una riga di una grande tabella) in cui l’intero testo del discorso, la sua data ecc. sono associati a Rossi o Ferrari. In questo modo, quando gli utenti fanno ricerche sul sito, possono ricercare non solo per data ma anche per nome, e troveranno facilmente quegli interventi. La conversione di archivi testuali in archivi XML è ciò che consente la ricerca in base alle variabili interessanti: nel caso di Theyworkforyou appunto nome, partito, dipartimento ecc.
9 Per esempio, quelli che riguardano la Camera dei Deputati: http://www.camera.it/docesta/312/14367/documentoesterno.asp
10 http://www.theyworkforyou.com/help/#numbers
11 http://www.farmsubsidy.org/IT
12 http://issuu.com/farmsubsidy.org/docs/newsletter_01/2
13 La vicenda è raccontata nella newsletter di Farmsubsidy. I dati vengono pubblicati durante una fase di vuoto politico dovuta a una crisi di governo. Stoklosa ha continuato a ricevere sussidi europei anche negli anni successivi. http://issuu.com/farmsubsidy.org/docs/newsletter_01/2?mode=a_p
15 http://www.followthemoney.eu/about/
16 Queste frasi sono state pronunciate nel luglio 2009, nel corso di un’inchiesta relativa al caso dei parlamentari britannici Michael Ancram, Philip Dunne e David Heathcoat-Amory. Sebbene si dichiarino pubblicamente euroscettici, cioè contrari alla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, vista come una fonte di sprechi, burocrazia e inefficienza, ciascuno dei tre ha ricevuto tra le 100.000 e le 250.000 sterline nel periodo 2007-2008 in sussidi PAC. La posizione di Ancram, Dunne e Heathcoat-Amory è perfettamente legale ma politicamente imbarazzante. http://www.channel4.com/news/articles/politics/domestic_politics/tory+eurosceptics+claim+eu+farm+money/3283257
17 Una semplice spiegazione in italiano del funzionamento di RSS si trova qui: http://www.youtube.com/watch?v=nJZVJoTSDyw
18 http://www.whitehouse.gov/the_press_office/Transparency_and_Open_Government/ Notare la data e l’ora, che segnalano l’alta priorità attribuita alla trasparenza: 21 gennaio 2007, 12.00 a.m. Il presidente occupava l’ufficio ovale da tre ore e venticinque minuti.
19 http://www.recovery.gov/files/Initial%20Recovery%20Act%20Implementing%20Guidance.pdf
Concordo con il fastidio per l’uso improprio della legge sulla privacy, che è diventato il paravento dietro cui si nasconde chi non ha voglia di rispondere o chi vuole far pesare il suo ruolo (ricordo una intervista a Fabio Capello dopo una partita del Milan, era appena uscita la legge sulla privacy, ’96-’97 o giù di lì: I. “Può dirci sulle condizioni fisiche di Weah, l’infortunio è grave?” C. “Per le nuove disposizioni sulla privacy non posso diffondere informazioni di questo tipo”. Monumentale!)
Il riferimento a Sassuolo e Faenza è troppo provinciale, lo eliminerei (quando citi il tuo modello Unico, sei già a posto, hai chiarito cosa intendi)
“Tecnicalità” è un inglesismo, anche piuttosto brutto (abbiamo in italiano il molto più bello “tecnicismo”)
Mi sembra forzato affermare che il senso della PAC sia quello che dici tu (mi pare, al limite, il senso del secondo pilastro della PAC, ossia lo sviluppo rurale). Piuttosto, stupisce il dato perché le dimensioni medie delle aziende agricole in Italia sono molto piccole, quindi mi sarei immaginato una miriade di aziende beneficiarie (anche Vincenzo con i suoi quattro ulivi a Cerchiara lo è); questo mi fa propendere verso la tua prima considerazione, cioè che se avviene questo per un paese caratterizzato da frammentazione agricola come è l’ITA, allora probab è fisiologico.
Giustissimo il caveat finale del capitolo, lo condivido (ha anticipato una mia critica)
Non si tratta precisamente di wiki, ma di libero accesso a info su internet che facilita ed aiuta le politiche pubbliche sì: già anni fa mi veniva da pensare a come sarebbe stato semplice per qualsiasi funzionario provinciale dell’Agenzia delle Entrate confrontare gli estratto catastali con google alla ricerca di abusi edilizi (almeno quelli completi, quelli giganteschi). Poi, mi pare che abbiano effettivamente iniziato a farlo.
Due dubbi sul tema di questo capitolo, ma che vale anche per altre parti: 1. la democrazia web quanto è gestibile? Richiamandoci all’esempio di Obama, se tutto il popolo americano si mette a interagire, si crea una massa ingestibile per l’intera amministrazione USA, non solo per il Presidente.
Di qui, una seconda considerazione: occhio, che la democrazia rappresentativa è un valore, non un disvalore da superare allargando il più possibile la partecipazione; io sostengo un sistema in cui degli “esperti” (i politici) facciano in modo professionale un’attività impegnativa al mio posto, proprio perché io non ho tempo/voglia/capacità di occuparmi di quei problemi. Perché a quel punto allargare la platea a tutti? Come seleziono tra una partecipazione consapevole su pochi temi perché posso dare un contributo suppletivo e una partecipazione ridondante, tanto per fare, che intasa il sistema e non aggiunge niente se non confusione? Di più, con la rappresentatività, chi vuole partecipare è rappresentato; con il web, chi non è capace di usarlo non può essere rappresentato. Come si compenetrano con efficienza i due sistemi (ammetto che al capitolo dopo affronti in parte la questione)?
In realtà, a gran parte di queste domande rispondi al Cap. 10 e (soprattutto) al Cap. 11. però magari nel testo o in chiusura lo espliciterei (“torneremo su questi importanti aspetti….”).
Wow, Francesco, quanti spunti, grazie! Un po’ a casaccio:
– la storia di Capello è molto carina, mi sa che la userò nel libro 😉
– il senso della PAC è stato ricostruito in quel modo da Jack Thurston di Farmsubsidy. Che poi lui abbia ragione o torto, non importa: il fatto è che quella posizione è un contributo alla discussione chiaro, potente, e argomentato. Il Commissario europeo all’agricoltura può benissimo rispondere “Ma noi vogliamo finanziare l’agroindustria e i grandi proprietari!”, e questo chiarirebbe ancora di più la situazione. Ma nota che non succede..
– attenzione: alle politiche wiki può partecipare chiunque, ma questo non vuol dire che debbano partecipare tutti, e di fatto solo un minoranza partecipa. Questo è efettivamente chiarito nei capitoli 9 e 11.
La trasparenza, i watchdogs, il giornalismo: per me un’esperienza illuminante che un giorno o l’altro spero di replicare in qualche modo con spot us
http://massimorusso.blog.kataweb.it/cablogrammi/2009/05/15/il-daily-telegraph-e-linchiesta-di-cui-parla-tutta-linghilterra/
http://www.niemanlab.org/2009/06/four-crowdsourcing-lessons-from-the-guardians-spectacular-expenses-scandal-experiment/
Formidabile! Presa. 😉
Notizia di ieri:il ministero del Tesoro britannico ha reso pubblici i dati di tutte le spese imputabili al governo nazionale e alle amministrazioni locali.
http://mariotedeschini.blog.kataweb.it/giornalismodaltri/2010/06/04/dati-e-giornalismo3-la-gb-pubblica-tutti-i-dati-della-spesa-pubblica/
Trasparenza – forse ci sarebbe da ri-discutere e ri-progettare la parola Rappresentativa di democrazia rappresentativa….ti segnalo poi il portale partecipami.it che vuole generare dibattito pubblico costruttivo su Milano. Il problema di questi portali sta nella frammentazione delle conversazioni, dell’assenza di un mandato da parte di qualcuno o della capacità di sintesi/generazione di attori che realizzino /facciano avvenire le cose. Non è un tema tecnologico (anche) ma spesso di modalità di costituzione ed ownership. Come sai penso che sia più che opportuno l’uso di questi strumenti anche per temi più larghi….ma forse vanno progettati diversamente, anche alla luce delle esperienze che racconti dopo.
Ciao Alberto,
prima di tutto grazie per questa iniziativa, che trovo fantastica. E il libro scorre che è una meraviglia. Per quanto riguarda la Pac, trasparenza e privacy ecco un po’ di informazioni che magari possono essere utili come integrazione. Dal 2009 la Commissione europea rende pubblici i nomi dei beneficiari dei sussidi: http://ec.europa.eu/agriculture/funding/index_en.htm. Non ne sono sicuro al 100 per cento, ma dovrebbe essere stata proprio l’azione di controllo e stimolo di siti come farmsubsidy.org a far prendere la decisione di rendere pubblici i dati che comprendono nome, indirizzo, codice postale e fondi percepiti dai singoli beneficiari degli aiuti Pac. Ma la scorsa settimana l’avvocato generale della Corte europea di giustizia, in seguito all’esame di due casi recenti, ha sostenuto che la pubblicazione di quel tipo di informazioni interferisce con le norme europee sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. La Sharpston – così si chiama l’avvocato generale della Ecj che ha seguito i casi – ha quindi suggerito l’uso di “una qualche forma di aggregazione delle informazioni”. La Commissione valuterà il da farsi dopo la sentenza definitiva, che arriverà in autunno. Qui ci sono i casi: http://curia.europa.eu, in “case number” vanno inseriti i numeri 92/09 e 93/09.
Ottimo, Angelo. Prendo nota. 🙂
Ho controllato: ti sbagli. La legge del 2008 obbliga gli Stati membri a pubblicare i dati (mentre prima potevano decidere di farlo o meno), ma sono sempre i singoli stati a pubblicare, non la Commissione.
mi sono spiegato male 😉
rettifico perché il “chi” pubblica i dati è importante: la Commissione ha una pagina web – quella che ti ho segnalato – con i link alle agenzie di ogni paese (in Italia è l’Agea) che si occupano di gestire i fondi (c.d. Organismi Pagatori) e di pubblicare i dati.
ma confermo, perché è importante anche il “chi” decide: come tu stesso ricordi l’obbligatorietà della pubblicazione di questi dati è un’iniziativa legislativa della Commissione europea, che lo rivendica come un risultato politico. Una decisione che ha provocato attriti non solo con alcuni stati membri ma anche con alcune regioni, come la Baviera. Spetterà proprio alla Commissione intervenire, inoltre, se la corte di giustizia interpretasse la pubblicazione di questi dati come una violazione della privacy. 🙂
Chi pubblica è rilevante per Farmsubsidy, perché loro devono chiedere i dati a 27 paesi, che li pubblicano il 27 formati diversi (in Grecia addirittura con un alfabeto diverso) e devono montarsi 27 conversioni.
Sulla faccenda della privacy, mi è venuta l’idea di utilizzare il concetto della wikicrazia come “reverse panopticon”: risolvendo la crisi d’attenzione, non è lo stato a guardare i cittadini, ma i cittadini a guardare lo stato.
L’esempio
http://eaves.ca/2010/04/14/case-study-open-data-and-the-public-purse/
va qui. Hat tip: Matteo Brunati.
Cavolo, questa pagina ha davvero del materiale notevole Alberto!
Stiamo lavorando nella medesima direzione.
E non avevo mai controllato: mea culpa, ma meglio tardi che mai.
Qualche altro link utile nella presentazione sugli Open Data, ma ulteriori dettagli nel post che spero di fare in serata:
Economia dei Dati Liberati – Open Data e Semantic Web nella PAView more presentations from Matteo Brunati.
L’ Open Data e la nuova trasparenza che abilita di fatto rappresenta la continuazione di quello che hai raccolto in questa pagina, direi.
-> Web inventor calls for government data transparency
-> New Online Platform Delivers Transparency on Public Spending for Councils
Pingback: Economia ed Open Data al VeneziaCamp 2010, ospite di Ecosistema 2.0 : Casual.info.in.a.bottle
Piccolo refuso quando parli di Krajewski “…immediatamente IL (li) riassume in un’inchiesta…”
Canbiato, grazie!