9 thoughts on “There’s no such thing as technical innovation: suggestions from complexity economics

  1. gba

    Da sociologo costruttivista della complessità tradurrei “exaptive bootstrapping dynamics” come “dinamiche exattive di autosollevamento”… dove exaptation (leggersi le teorie postdarwiniste di Gould e Vrba) è capace di dare conto del rapporto tra funzioni e strutture, fra ottimizzazione ed imperfezione, in chiave non “adattazionista”… 😛

    Oh per inciso, il concetto di autosollevamento può essere reso con la storia in cui il Barone di Münchhausen caduto in una palude riesce ad uscirne tirandosi fuori dal codino (così in voga nell’acconciatura maschile dell’epoca) …

    Capisco che Keynes vacilli 🙂

    Una curiosità: ma tutte queste belle storie non le avevamo già affrontate negli anni’80?

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  2. Alberto Post author

    Giovanni: “exaptation” so da dove arriva, ma “exattivo” in italiano non esiste, per cui la traduzione distrugge informazione rispetto all’espressione inglese. Fino al Barone di Münchhausen, invece, ci si arrivava 😉

    Non direi proprio che queste storie siano già state affrontate, almeno non da chi prende le decisioni. La politica dell’innovazione, almeno per quello che vedo io, no di sicuro: per esempio, gli incentivi fiscali agli investimenti in R&D sono basati su una teoria dell’innovazione ristretta allo spazio degli agenti. E, mi pare, nemmeno la tecnologia stessa: la legge di Moore (citata dallo stesso Lane) si muove nel solo spazio degli artefatti. E nemmeno il modo di affrontare il cambiamento sociale: la crisi finanziaria attuale, nonostante sia un sottoprodotto di processi di innovazione socioculturale – e nonostante la sua soluzione richieda altra innovazione socioculturale – viene affrontata essenzialmente con strumenti keynesiani.

    Una delle ragioni per cui questo accade è che una teoria diventa potente se produce strumenti, e questo, temo, vuole dire studiarsi la relativa matematica. Una cosa è dire “Uhm, questa faccenda della complessità è davvero cool“. Una cosa completamente diversa è decidere – per dire – se, studiando Kublai dal punto di vista dell’economia della complessità, sia meglio misurare l’importanza dei singoli nodi con la centralità di prossimità o con la centralità negli autovalori. La seconda decisione richiede analisi quantitativa, che richiede molto tempo. Si procede lentamente e con fatica, per tentativi ed errori (molti), e non si può passare alla moda scientifica successiva senza perdersi la ricchezza dell’approccio che si abbandona.

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  3. gba

    Io nel mio libro sull’evoluzione mediale uso exattamento, così come nella traduzione di Gould… ammetto che non sia elegantissimo ma formalmente corretto 🙂

    La battuta sugli anni ’80 era invece relativa alla recente “riscoperta” delle teorie della complessità da parte di scienze sociali che avrebbero dovuto imparare la lezione da un pezzo… poi si tratta di scelte epistemiche.
    Sull’analisi di Kublai invece concordo perfettamente (io propenderei per la centralità di prossimità nei termini di network analysis) anche se credo che molto del lavoro fatto sulla teoria della complessità abbia mostrato come un mix efficace di quantiqualitativo dischiuda orizzonti importanti.

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  4. Alberto Post author

    Intanto grazie del consiglio, Gio! Devo studiarmi un po’ di teoria dei grafi, uno dei compiti per le vacanze.

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  5. gba

    Ma che consiglio… figurati… è che sarebbe veramente importante riuscire a portare nell’ambito di riflessione la ricerca con le tecniche di network analisys unitamente alle possibilità di visualizzazione proiettiva in modo da sperimentare “modelli”.
    Servono competenze diverse da mettere in gioco ma la sfida transdisciplinare è interessante… e poi, in fondo, è proprio questo il senso ultimo lanciato dalla teoria della complessità (Morin docet).
    Tienici aggiornati 🙂

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  6. Davide Tarasconi

    Sono stato studente di David per alcuni anni e sto (cercando) di preparare la mia tesi di laurea con il suo aiuto: ho studiato e mi sono occupato di social network dal punto di vista analitico e ora sto cercando di costruire un semplice framework teorico sulla falsariga del modello agenti/artefatti di David ma “specializzato” sulla produzione di software open source – in particolare mi piacerebbe, pur nel più totale empirismo, trovare le prove di come l’open source funzioni sia in forma volontaria che commerciale.

    Anche io “sarei un economista”. Posso dire di aver avuto la fortuna di aver studiato questa materia in maniera poco ortodossa fin dall’inizio – i corsi di laurea che ho seguito sono unici in Italia, e rischiano di rimanere esperimenti mal riusciti, come ho scritto altrove.

    A volte è abbastanza frustrante non sapere spiegare cosa si studia, la stessa difficoltà che stai riscontrando anche solo al tentativo di tradurre certe cose.

    La matematica è molta, ma ben definita. La parte teorica da sviluppare, e questo è il campo in cui David è un’autorità, è forse ancora più estesa.

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  7. Federico Bo

    Ciao Alberto e Giovanni.

    Spesso la teoria della complessità viene ridotta a slogan o frasi fatte ed appiccicata qua e là, approfittando della sua natura multidisciplinare, senza cogliere l’assoluta necessità di inquadrare ogni “contaminazione” in un rigoroso quadro metodologico, nel quale rientra, per forza di cose, l’uso degli strumenti matematici.

    Questo mi ricorda l’utilizzo superficiale e fuori contesto dei teoremi di incompletezza di Gödel o del principio di indeterminazione di Heisenberg (per non parlare della relatività…).

    Non conosco Davide A. Lane, ma la sua frequentazione del Santa Fe Institute mi sembra una sufficiente garanzia… 😉

    Cercherò di farmi regalare il libro (vabbè devo farmi anche regalare la follia baudeleriana di Calasso….sempre libri economici per Federico)

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  8. Alberto Post author

    Federico, quanto hai ragione! Anche nel mio caso le banalizzazioni eccessive fanno scattare “la mia parte intollerante”, come direbbe Caparezza. Una volta mi è toccato leggere un’intervista a Morgandeibluvertigo che tirava in ballo il teorema di Gödel per giustificare non so quale canzone e quale album. Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.

    Il libro di David non è ancora uscito. Mi informo su quando esce e ti faccio sapere 🙂

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