Two weeks ago, as I was training for the Milano Relay Marathon, I received an unexpected email. It was from insurance company Europ Assistance, which offered all athletes discounts on its health insurance products. It came as a surprise, because I am careful to deny my consent to my data being used for marketing. I called the trainer of our group, who had taken care of entering us into the race, and he assured me he is very careful about that too. Maybe, he said, Europ Assistance got through the privacy barriers because it actually delivers a service to athletes: health insurance for the duration of the race. I got to the finishing line and there they were, measuring “health parameters” and, I am sure, promoting their products.
The rationale of an aggressive marketing towards long distance runners are clear. Insuring anyone who runs a marathon is profitable, because she is likely to be quite healthy and will be paying up for years before requiring that the insurer pays for treatment. I wonder if insurance companies are tempted by the reciprocal strategy, that of NOT insuring people who do not show up in the myriad databases associated with a healthy lifestyle (members of sport clubs, gym aficionados etc.). This kind of behavior is advantageous for its perpetrator (in this case insurance companies), but socially harmful (risk is not spread, and people who need care most can’t get it). Should this happen, private insurance would prove an inadequate solution to the health care of the citizenry, and policy makers should build and protect national health services.
Incidentally, the list of participants to the Milano Relay Marathon is far from the the most potentially momentous database from the point of view of the companies. Genomic startup 23andme sequences your DNA based on a sample received by mail, and computes your “risk factors” for 100 diseases — for $99. In the discussion on the social consequences of a pervasive Internet I see many people trying to scare their fellow citizens with stuff that most experts consider unfounded: we will unlearn to read any text longer than a tweet, we will shut ourselves in our homes to chat with strangers online instead of living the rich social life of our elders, we will bump into paedophiles and terrorists in every other social networking website. Internet skeptics are good at whistle blowing; they could be very useful to society by blowing the whistle for the real risks, like those associated with the inevitable loss of privacy on health data. And we that care about open data (and love data about our own running) had better meditate on whether transparency can become too much of a good thing.
Here is a more positive earlier post on running as mass generation and consumption of data)
“Mi chiedo però se le compagnie assicurative non siano tentate di fare anche il contrario, cioè NON assicurare chi non compare nei database associati a uno stile di vita sano (società sportive, iscritti a palestre etc.).”
Riflessione interessante ma facilmente smontabile da dati empirici: essere iscritti in palestra o presso un’associazione sportiva non è una prova scientifica dell’avere uno stile di vita sano (l’esperienza empirica ci insegna che almeno un 20% di persone si iscrive in palestra e non ci va mai, un altro 20% la frequenta raramente, un altro 20% ci va solo per fare chiacchiere).
E anche le assicurazioni lo sanno.
Davide, le assicurazioni lavorano in probabilità; per esempio, nel ramo responsabilità civile auto chi ha avuto incidenti negli ultimi anni ha una probabilità più alta di causare incidenti in futuro. Le classi di merito ti fanno pagare per quella differenza, anche se probabilistica e non deterministica. Naturalmente ci sono guidatori che hanno avuto un incidente recente ma non ne avranno mai più, ma ciò che conta è che la sinistrosità pregressa prevede uno scostamento dalla media della sinistrosità futura. Questo permette alle compagnie di “vedere il futuro” in probabilità e di fare pagare premi più alti a chi ha una storia di sinistrosità. Fare lo sconto sulla polizza vita a chi corre la maratona è esattamente la stessa cosa se il correre la maratona è un buon previsore di buona salute fino a un’età avanzata.
Inoltre, se corri una maratona hai corso una maratona. Questo significa, con il 100% di probabilità, che puoi correre per parecchi chilometri, eccellente indicatore di buona salute e di uno stile di vita sano. Non è esattamente la stessa cosa che iscriversi in una palestra: è più l’equivalente di allenarsi due/tre volte alla settimana.
Salve Alberto, leggevo con interesse il tuo articolo sull’ uomo quantificato.
Oltre che riconoscermi perfettamente per il tipo di diavolerie utilizzate in allenamento, mi sono incuriosito e soffermato sui dati della tua mezza: complimenti!
Abbiamo iniziato a correre regolarmente praticamente dallo stesso tempo eppure, ahimè, devo dire che tu sei molto avanti 🙁
I 10K io li concludo in 50′ 21”, 5K 24′ 51”, come vedi modestissimi risultati.
Ho fatto anche la mezza, ma lasciamo stare… (2 ore!)
Volevo chiederti, concludendo, se puoi darmi qualche dritta sul tipo di allenamento che porti avanti e che potrebbe essermi utile per migliorare la mia performance!
Saluti e ancora complimenti!
p.s. se sei, come credo, membro su nikeplus.com puoi inoltrare richiesta d’ amicizia a luKa72..
Gianluca, ma guarda un po’: io credevo di essere apprezzato per la saggezza delle mie riflessioni e invece quello che passa sono i miei risultati sportivi! Non l’avrei mai creduto.
Non mi sento proprio di darti consigli sull’allenamento. Io stesso vado completamente a caso, e infatti ottengo prestazioni molto diverse a seconda del periodo e delle condizioni ambientali (per esempio sono molto sensibile alla temperatura: pochi gradi in più e rallento nettamente). La cosa che sembra aiuti è trovarsi un gruppo di runners con cui correre insieme, possibilmente con uno esperto che guida, motiva, ti fa scattare etc. Io corro – quando la mia vita nomade me lo consente – con Run for Fun e X.Runners: se sei a Milano, te li consiglio.