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VRBAN: how a municipality’s project got a creative business started

In 2005 the municipality of Verona was doing consultation on its strategic plan, and the young Veronese were not buying. They thought the administration (four years into its term) was simply not credible: “we are forever stuck in the first meeting”, as a young man told a senior officer to his face and in public (I was there). In this context, I was asked to help the city’s culture-related nonprofits to get together and deliver an event that was to symbolize the municipality’s new commitment to treating youngsters as partners. They were willing to invest a small sum, 30K euro.

Cultural operators in Italian small and medium sized towns almost invariably hate each other. Makes sense: their environment is one of zero-sum competition for funding, allocated with criteria that are not always transparent. Every cent I get is a cent you won’t get. This creates a climate of mistrust. Involving an outsider like me was to be a sign that in this case things would be done differently: this small additional fund was conditional to the creatives being able to design and deliver a common project.

This was my first true community fostering and management. I created a mailing list (hey, we had no cool web 2.0 stuff back then) and demanded everybody used it to communicate, no private emails; bullied the municipality’s stuff into sitting in meetings that started at 7 p.m., so that the creatives could attend without conflicts with their day jobs); and even talked the two main city officials into going to the local winery after each meeting with the creatives. I discovered the power of transparency and informality: the most important progress was almost always made in the winery, not at meetings. In the end the event did happen: it reclaimed derelict spaces like the former zoo; embodied a more free, creative idea of Verona, with the Africal fashion catwalk shows, the writers contests and the mythical dance bus you see in the video. They called it VRBAN, and it was a roaring success. Many people who participated in the process discovered in each other competent colleagues worthy of respect, with whom collaboration could be a pleasure.

Recently I went back to Verona for a concert and –surprise – VRBAN is still there, and it has become the main event of the Verona summer, with thousands of participants. It is now in its sixth year; is entirely funded by private investors and own revenue (the new center-right administration does, however, supply some services); is run by some of the kids of 2005, that meanwhile have become professionals of cultural event organization (Alessandro and Fabio) and communication (Ale); has even generated a spinoff, the Italian network of ecologically sustainable music festivals. It is a piece of the city’s economy and culture. I am so proud of it! Of course, they were the ones who did it. But the city’s authority did its part, and I think I helped.

So, if you go to Verona in July, go to VRBAN, ask for Alessandro Formenti, Fabio Fila or Ale Biti and ask them to give you their stories. And drink one to my health. 🙂

VRBAN: un progetto comunale fa nascere un’impresa creativa

Nel 2005 il Comune di Verona stava consultando la cittadinanza sul piano strategico, e i giovani non facevano mistero di considerare gli impegni presi dall’amministrazione poco più che chiacchiere: “siamo sempre alla prima riunione” come ho sentito dire a un ragazzo all’assessore alle politiche giovanili durante un’assemblea pubblica. In questo contesto, mi viene chiesto di aiutare le associazioni culturali della città, tra loro in rapporti piuttosto tesi, a mettersi insieme per organizzare un evento che desse il segno di una nuova collaborazione tra i giovani e il Comune, che ci metteva una piccola somma (30.000 euro).

Le associazioni culturali nelle città medie e piccole si odiano quasi sempre. Per forza: sono impegnate in una concorrenza a somma zero per i fondi stanziati da enti pubblici e fondazioni bancarie (dove ci sono), oltretutto assegnati con criteri non sempre trasparenti. Ogni euro che prendo io è un euro che non prendi tu. La concorrenza si gioca sul tirare dalla propria parte i finanziatori. Questo genera un clima di sfiducia diffusa. Coinvolgere un esterno come me doveva essere una garanzia che questa partita sarebbe andata diversamente: questo piccolo fondo aggiuntivo rispetto alle somme già stanziate è condizionato al fatto che i creativi veronesi esprimano e realizzino un progetto comune.

È stata la mia prima vera esperienza di creazione di una comunità. Ho creato una mailing list (cosa pretendete, mica c’era Facebook nel 2005) e preteso che tutto il possibile passasse da lì, con le proposte scritte e visibili a tutti; ho costretto il personale del Comune a riunioni che cominciavano alle sette di sera, per dare modo al mondo dell’associazionismo di partecipare senza compromettere il loro lavoro; ho perfino convinto un assessore, Giancarlo Montagnoli, e una dirigente, Maria Gallo, a concludere tutte le riunioni all’osteria di fianco al palazzo del Comune, insieme ai ragazzi delle associazioni. Ho scoperto il potere della trasparenza e dell’informalità: i progressi più importanti si facevano quasi sempre all’osteria, quando la gente abbassava la guardia e andava a ruota libera, non in riunione. Alla fine l’evento si è fatto: si riappropriava di spazi come l’ex zoo ai bastioni della città; incarnava un’idea di Verona più libera e creativa, con le sfilate di moda africana, i contest di writers, e il mitico bus-discoteca che vedete nel video. L’hanno chiamato VRBAN, ed è stato un successo clamoroso. Molte persone che hanno partecipato al processo hanno scoperto le une nelle altre colleghi capaci e degni di rispetto, con cui può anche essere bello collaborare.

Di recente sono tornato a Verona per un concerto e ho rivisto alcune di quelle persone. E – sorpresa! VRBAN esiste ancora, ed è diventato l’evento principale dell’estate veronese, con migliaia di partecipanti. È arrivato alla sesta edizione; è interamente finanziato da ricavi propri e sponsor privati (la nuova amministrazione di centrodestra gli fornisce comunque alcuni servizi); viene progettato e gestito da alcuni dei ragazzi del 2005, nel frattempo diventati professionisti degli eventi culturali (Alessandro, Fabio) e della comunicazione (Ale); ha perfino dato vita alla rete italiana dei festival musicali ecosostenibili. È un pezzo di economia e cultura cittadina. Che soddisfazione! Intendiamoci, il merito è loro. Ma il Comune ha fatto la sua parte, e il mio aiuto a qualcosa penso sia servito.

Quindi, se passate da Verona a giugno andate a VRBAN e chiedete di Alessandro Formenti, Fabio Fila o Ale Biti e fatevi raccontare. E fatevi una birra alla mia salute. 🙂

Economista, ma concreto: Visioni Urbane consegna il prodotto (con contorno di Wikicrazia)

Gli economisti hanno fama di tendere al ragionamento astratto più che alla concretezza dell’azione. C’è un po’ di verità in questo luogo comune, tanto che nei dipartimenti di economia fiorisce il sottogenere delle barzellette sugli economisti. Questa, per esempio:

Un economista, dopo un naufragio, si ritrova su un’isola deserta. Si guarda intorno e vede una cassa di legno depositata sulla spiaggia dalla marea. La apre: è piena di scatolette di cibo, nutriente e a lunghissima conservazione! Purtroppo non ha nessuno strumento per aprirle: è forse condannato a morire di fame seduto di fronte a tutto quel cibo? L’economista non si perde d’animo e affronta il problema così: “Ipotizziamo di avere un apriscatole…”

Molti di noi soffrono per la mancanza di concretezza associata talvolta alla nostra professione. Per questo sono così contento di andare a Potenza venerdì 4: perché tre anni e mezzo fa il Ministero dello sviluppo economico mi ha chiesto di assistere la Regione Basilicata nell’elaborazione di una politica di spazi laboratorio per la creatività. Io ho insistito per prendere la strada, lunga e accidentata, del coinvolgimento dei creativi lucani; e oggi, finalmente, il primo spazio (si chiama Cecilia) è pronto, e gli altri quattro sono in consegna. Non solo gli spazi sono stati coprogettati insieme ai creativi di quel territorio; non solo sono sorretti da un’analisi dettagliata di quali imprese e associazioni creative, su quei territori, intendono fare con quegli spazi; ma sono integrati con un bando-tipo per l’assegnazione della gestione, concordato con i Comuni competenti, e con un modello di governance regionale delle politiche culturali.

Il progetto si chiama Visioni Urbane. Ne ho parlato spesso in questo blog. Mi dicono che ultimamente è diventato una specie di bandiera dell’amministrazione regionale; tanto che le associazioni chiedono ora lo stesso tipo di coinvolgimento in altre politiche, come l’istituzione della Film Commission, e la stessa amministrazione, forte del buon rapporto di collaborazione con i creativi, si è impegnata per lanciare la candidatura di Matera come capitale europea della cultura 2019. Non è un caso che la coordinatrice del progetto di candidatura sia Rossella Tarantino, il referente di VU, e che anche il direttore scientifico, Paolo Verri, sia stato “pescato” dalle personalità che hanno collaborato con VU.

Di Visioni Urbane parlo molto nel mio libro Wikicrazia, e l’inaugurazione di Cecilia conterrà, tra le altre cose, una presentazione del libro. Ma quello è il meno: pregusto l’emozione di toccare con mano una policy che ho contribuito a progettare, e che è diventata molto concreta, tanto che mi ci posso sedere dentro per ascoltare un concerto. Per un economista è una soddisfazione relativamente rara.