Seminascosta in un lungo post che parla d’altro, Tim O’Reilly lascia cadere questa osservazione:
In questi anni passati a osservare gli alpha geeks, abbiamo concluso che molte rivoluzioni tecnologiche non cominciano con gli imprenditori, ma con degli hobbyisti che si divertono. Pensate ai fratelli Wright e agli altri che diedero inizio all’età del volo, all’Homebrew Computer Club che ha aiutato la nascita dell’industria dei personal computer, ai primi siti web costruiti senza aspettarsi di guadagnare alcunché, agli sviluppatori open source che hanno scritto codice, come ammette Linus Torvalds, “just for fun“. […]
All’inizio, la rivoluzione Maker sembrava semplicemente un mondo di eccentrici, che inventavano per il gusto di inventare, divertirsi, imparare: “tecnologia nel tuo tempo libero”, come ha scritto Dale Dougherty nella testata della rivista Make. Ma, come in altre e precedenti rivoluzioni tecnologiche, c’era un’opportunità di business in vista. Puntualissima, una nuova generazione di aziende sta emergendo da quello che sembrava un gruppo di hobbyisti che si divertiva.
Come tutte le rivoluzioni tecnologiche, anche questa ha un notevole potenziale di rimescolare le carte, e scompaginare le classifiche delle aziende – e dei territori – più competitivi. L’Italia, con la sua forte tradizione artigianale, ha per una volta qualche carta da giocare. I miei colleghi che si occupano di politiche pubbliche farebbero bene a cogliere l’occasione, non ne passano tante così. Per quanto mi riguarda, ho deciso che questo è un asse strategico su cui voglio lavorare nei prossimi anni. Promuovere il cambiamento è faticoso, che almeno ci sia da divertirsi.
(Hat tip: Costantino Bongiorno)