Tag Archives: public policy

Lisa vs. Bart: why wiki policies are NOT necessarily undemocratic

David Osimo went to Forum PA to hold a keynote on e-government 2.0. He had perhaps the highest profile slot to address Italian public administrations, short of a cabinet appointment. Despite the success of his presentation, he is ot happy: everyone seems to agree that wiki government is a good idea, but there is very little action in the matter. Furthermore, he feels that the existing e-gov 2 initiatives are too elitist: designed, he says quoting the New York Times, for Lisa Simpson, not for Bart. David is somewhat disappointed.

Maybe he is right on European public administrations being too conservatives, his viewpoint is certainly more panoramic than mine. As for the elitism of wiki goverment, I think that’s a feature, not a bug. It works like this: in an oriented environment (i.e. where the values of rational open discussion and of meritocracy are shared and continuously reinforced: this makes all the difference) Internet-based tools filter the best contributions and bring them to the forefront. Lisa Simpson quickly becomes a star in the community. Bart finds it hard to produce quality content, so his contributions are normally ignored. The difference in quality is amplified by the continuous quoting and liking of Lisa’s contributions, so that the Internet-based community enhances the difference in prestige between brother and sister, leaving the former way behind. Peer-to-Patent, Evoke and Kublai are networks in which almost all the action is in the top one or two percent contributors. I explain this far better in Chapter 9 (of my forthcoming book: btw, you are very welcome to collaborate to it, click here for an English explanation).

Why do I like it? Because, if access to the system is open and encouraged (and this makes all the difference too: I discuss this in Chapter 11) and if the system is merit-based, e-government 2.0 is both more effective and more fair than old-style participation. For the same reason: namely, that it selects an élite which is not the usual old boys network, but rather a merit-based, emergent élite in which Lisa is gong to be a leader – as she deserves to be – rather than watch from the sidelines as Mr. Burns runs things in Springfield. As for Bart, the door has to stay open for him; but in the meantime, having Lisa rather than Burns in charge is a hell of an improvement, if you ask me.

Lisa vs. Bart: perché le politiche wiki NON sono necessariamente antidemocratiche

David Osimo è andato al Forum PA per tenere una lectio magistralis sull’e-government 2.0. Ha avuto forse il podio in assoluto più prestigioso per parlare alla pubblica amministrazione italiana, a meno di diventare ministro della funzione pubblica. Nonostante il successo della sua presentazione, non è soddisfatto: tutti sembrano essere d’accordo che le politiche wiki sono una strada promettente, ma poi nessuno si muove per realizzarle davvero. Inoltre, ha sensazione che le iniziative wiki esistenti (più o meno quelle che io racconto nel mio libro) siano troppo elitarie: progettate, dice lui riprendendo il New York Times, per Lisa Simpson invece che per Bart. David è un po’ deluso.

Forse ha ragione sull’immobilismo cronico delle pubbliche amministrazioni europee, il suo punto di osservazione è migliore del mio. Quanto al carattere elitario della Wikicrazia beh, ha ragione, ma secondo me questo è positivo. Funziona così: in ambienti orientati in modo appropriato (cioè dove vengono condivisi e rinforzati i valori della discussione razionale allargata e della meritocrazia: questo è decisivo), gli strumenti Internet filtrano i contributi migliori e li portano all’attenzione generale. Lisa Simpson diventa rapidamente una star della comunità. A Bart la produzione di contenuti di qualità riesce difficile, quindi i suoi contributi vengono normalmente ignorati. La differenza di qualità risulta amplificata molto dal continuo riprendere e rilinkare i contributi di Lisa, per cui l’ambiente Internet non tende ad avvicinare il prestigio del fratello a quello della sorella; al contrario, lo lascia ancora più indietro. Peer-to-Patent, Evoke o Kublai sono reti in cui quasi tutta l’azione sta in quell’uno o due per cento di nodi fortemente connessi. Lo spiego meglio  nel capitolo 9.

Perché lo trovo positivo? Perché, se l’accesso al sistema è libero e agevolato (e anche questo è decisivo: ne parlo nel capitolo 11), e se il sistema è meritocratico, gli strumenti e-government 2.0 sono sia più efficaci che più equi della partecipazione “vecchio stile”. E per la stessa ragione: e cioè che l’élite che selezionano non è la solita cricca di notabili, ma è emergente: un’élite basata sul merito, in cui Lisa assume il ruolo guida che le spetta di diritto, invece di essere condannata alle crociate solitarie mentre Mr. Burns gestisce Springfield a modo suo. Quanto a Bart, la porta deve restare aperta anche per lui; ma intanto che sia Lisa, invece che Mr. Burns, a guidare il sistema è un bel miglioramento.

Rivoluzione per divertimento

Seminascosta in un lungo post che parla d’altro, Tim O’Reilly lascia cadere questa osservazione:

In questi anni passati a osservare gli alpha geeks, abbiamo concluso che molte rivoluzioni tecnologiche non cominciano con gli imprenditori, ma con degli hobbyisti che si divertono. Pensate ai fratelli Wright e agli altri che diedero inizio all’età del volo, all’Homebrew Computer Club che ha aiutato la nascita dell’industria dei personal computer, ai primi siti web costruiti senza aspettarsi di guadagnare alcunché, agli sviluppatori open source che hanno scritto codice, come ammette Linus Torvalds, “just for fun“. […]

All’inizio, la rivoluzione Maker sembrava semplicemente un mondo di eccentrici, che inventavano per il gusto di inventare, divertirsi, imparare: “tecnologia nel tuo tempo libero”, come ha scritto Dale Dougherty nella testata della rivista Make. Ma, come in altre e precedenti rivoluzioni tecnologiche, c’era un’opportunità di business in vista. Puntualissima, una nuova generazione di aziende sta emergendo da quello che sembrava un gruppo di hobbyisti che si divertiva.

Come tutte le rivoluzioni tecnologiche, anche questa ha un notevole potenziale di rimescolare le carte, e scompaginare le classifiche delle aziende – e dei territori – più competitivi. L’Italia, con la sua forte tradizione artigianale, ha per una volta qualche carta da giocare. I miei colleghi che si occupano di politiche pubbliche farebbero bene a cogliere l’occasione, non ne passano tante così. Per quanto mi riguarda, ho deciso che questo è un asse strategico su cui voglio lavorare nei prossimi anni. Promuovere il cambiamento è faticoso, che almeno ci sia da divertirsi.

(Hat tip: Costantino Bongiorno)