Si legge nell’email di invito alla prima riunione dello Staff di Progetto di Correggio Mon Amour: “…l’idea è appunto quella di formare un gruppo di ragazzi dai 20 ai 30 anni che presentino un progetto sulla creatività giovanile a Correggio nell’ambito del programma “Gioventù in Azione” della Comunità Europea. […] Verrà anche proposto di legare la creatività ad altri temi centrali nella vita presente e futura della città come ad esempio ecologia, tecnologia e cittadinanza attiva, nell’ottica di presentare alle istituzioni, ai possibili sponsor e alla Comunità Europea un progetto che parli di sviluppo locale e non solo di cultura.”
Questa idea, seppur condivisa dal gruppo, sta affrontando ora alcune difficoltà che cercherò di elencare per punti:
1.Forma e sostanza di un progetto comunitario: Secondo il nostro consulente all’EuroDesk con i progetti giovani è fuori luogo e velleitario parlare di sviluppo locale e di festival: per quelli ci sono i progetti “seri”, “da grandi” (sembrava sottintendere, forse a ragione, chissà), “questi progetti per voi giovani sono pensati per fare iniziative molto piccole, ad esempio ne ho curato uno dove hanno organizzato delle visite guidate a un parco, o un altro dove si sono preparati per delle attività sportive… Anzi vi consiglio di non presentarvi come associazione e non dire che il comune vi appoggia, questi progetti sono in genere per gruppi di giovani che non avrebbero altra possibilità di finanziare le loro piccole attività, se voi dite che siete sostenuti da altri enti e organizzazioni allora potrebbero pensare che non abbiate bisogno del contributo europeo…”. Inizia anche qui il consueto sdoppiamento che caratterizza i progetti comunitari, da una parte il progetto vero che vuoi tu, dall’altra quello formale che rispetta le aspettative e i controlli dei burocrati che devono decidere se e come finanziarti. Ovviamente lo sforzo è quello di farli coincidere quanto più possibile, e di comprendere le logiche e le ragioni di chi ti finanzia, ma a volte ci si rassegna ad “un livello accettabile di sdoppiamento”.
2.Troppo giovani? In questo caso al “normale” sdoppiamento si aggiunge anche il pregiudizio sulle capacità dei giovani di presentare e portare a termine progetti ambiziosi. A questo proposito mi torna in mente la mia tesi di laurea sulle differenze culturali nell’organizzazione e l’importanza che viene data alla variabile età (piuttosto che al merito) nei paesi latini, a differenza di quelli anglosassoni. Un esempio? Un mio amico, appassionato di chitarra, si è laureato in giurisprudenza a 23 anni, e la madre (titolare di uno studio legale) gli ha consigliato di dedicare pure qualche anno all’insegnamento della chitarra e a suonare in giro, dicendogli che “tanto finché non hai 30 anni non sei considerato credibile come avvocato”! Nelle nuove tecnologie questa tendenza sta cambiando ed è sempre più frequente vedere responsabili di progetti e aziende giovanissimi, negli altri campi invece l’età conta ancora molto: siamo un paese latino, con pregi e difetti che questo comporta.
3.Accreditamento e credibilità: il problema dell’accreditamento è centrale nel rapporto con le istituzioni, è fondamentale presentarsi come soggetto credibile e rappresentativo (non solo di noi stessi, ma di una coalizione di soggetti). Credibilità significa dire che si faranno solo cose che si possono fare realmente (facile farsi prendere dall’entusiasmo sentendo parlare dell’importanza della creatività e dell’innovazione per lo sviluppo economico dell’Europa), significa non perdere il contatto con la realtà (nel nostro caso ricordarsi che siamo Correggio, non a Boston e neppure a Bologna), significa pensare che la credibilità dobbiamo prima guadagnarcela (anche e soprattutto facendo cose molto piccole), “prima fare, poi chiedere…” (prima di pensare che qualcun altro, ad esempio lo Stato, debba risolvere i vostri problemi, provate a darvi da fare voi)
4.Dalla cultura allo sviluppo locale… e ritorno? Cito ancora Paolo Verri (Torino Internazionale): “come si vuole far interagire la creatività locale con l’impresa locale? Non facendo la solita operazione formale, banale e perdente di andare a dire alle imprese di finanziare la cultura, ma al contrario: mettere a disposizione la produzione di cultura per promozionare le industrie locali e i progetti sulla città.” Mettere la creatività giovanile al centro della discussione e farla “entrare nella stanza dei bottoni” significa quindi collegarla a altre tematiche legate al futuro della città, chiedersi cioè “dove vuole andare Correggio? Che immagine vuole dare di se all’esterno?” e legare la creatività alle tematiche principale di questo sviluppo.
Tutti si sono dichiarati concordi con queste idee e con la proposta di legare il nostro progetto sulla creatività giovanile correggese ai temi dell’ecologia e della tecnologia. Bene. Vorrei però qui sottolineare il riemergere di tanto in tanto, forse per la forza d’inerzia di una mentalità radicata nel tempo, di proposte di attività puramente culturali (l’ultima: un concorso di scrittura) “perché quelle sarebbero originali, mentre dell’ecologia e della tecnologia parlano in tanti…”. Nulla di male, si intende, ma se ci si vuole incamminare su un percorso diverso di quello delle 1000 (meritorie) associazioni culturali che chiedono il patrocinio all’assessore alla cultura e un piccolo contributo alle imprese per realizzare le loro (e a volte questo “loro” è davvero forte) attività, allora bisogna avere ben chiara la nuova direzione e strategia, e cercare di non tornare indietro.
P.S. Forse mi sto facendo prendere la mano da questi post e mi sento ancora docente dei corsi Booster… che dite?